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domenica | 27-04-2025

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Mannino riferisce sulle diverse anime del fascismo aretino

Curato da Luca Berti e patrocinato dal Comune di Arezzo, il ciclo di conferenze si propone di mettere a fuoco le drammatiche vicende che nell’arco di una dozzina di anni portarono il Fascismo a prendere il potere, con la violenza e con la connivenza delle istituzioni e dei cosiddetti “poteri forti”, e ad assumere il controllo degli enti locali nel territorio aretino.
Il fascismo aretino delle origini è tormentato fin dalla sua apparizione, sul finire del 1920, dalla dialettica che ben presto diventa conflitto aperto fra le sue varie anime. Una battaglia interna che può essere letta secondo diverse interpretazioni: quella di Renzo De Felice fra fascismo-movimento e fascismo-regime, quella di Antonio Gramsci fra fascismo agrario e fascismo urbano e anche alla luce della distinzione fra fascismo politico e squadrismo. Interprete del fascismo movimento è il primo segretario provinciale Alfredo Frilli, maestro e in origine socialista, come Mussolini, poi ispettore scolastico, interventista e animatore del “Fronte interno” durante la Grande Guerra, voce della revanche dei ceti medi aretini dopo il Biennio rosso dominato da socialisti, classe operaia e movimento mezzadrile. Frilli si scontrerà con Dario Lupi, valdarnese, uno dei 35 deputati eletti nel 1921 all’interno dei Blocchi nazionali, cui si accoda l’altro leader del fascismo valdarnese Guido Bonaccini, destinato anche lui a diventare deputato nel 1929. Lupi, sottosegretario alla pubblica istruzione nel primo governo Mussolini, imporrà a Frilli le dimissioni e ne disporrà il trasferimento a Ferrara, ma le istanze populiste del primo, contrapposte al compromesso conservatore patrocinato dal secondo, attraverseranno come un fiume carsico l’interno Ventennio ad Arezzo.

Salvatore Mannino (1960), laureato in scienze politiche a indirizzo storico, con una tesi che poi diventerà libro nel 2004 con il titolo “Origini e avvento del fascismo ad Arezzo”. Giornalista di professione, vice-capocronista della redazione aretina della “Nazione” fino alla pensione, collabora adesso con il “Corriere della Sera” e principalmente con la sua edizione toscana, “Corriere Fiorentino”. Si è occupato di uno dei più gravi episodi di violenza politica del 1921, i fatti di Renzino del 17 aprile, sui quali ha pubblicato un libro edito dal Mulino (“Una domenica di sangue”), in cui vengono analizzate l’eco sulla stampa dell’episodio e il mito che ne nasce, base fondante della religione politica del fascismo aretino. Ha pubblicato anche un libro, la “Giustizia divisa”, sulle grandi stragi nazifasciste del 1944 in provincia di Arezzo e sui processi che ne sono tardivamente seguiti. Nel volume della Società storica su Arezzo nel secondo dopoguerra ha scritto un saggio sul giornalismo aretino dal 1944 ai giorni nostri.

Il ciclo di conferenze della Società storica proseguirà, sempre all’Auditorium Ducci, fino all’inizio del mese di dicembre. Il 14 novembre Lorenzo Piccioli parlerà delle origini del Fascismo in Valdarno. Poi l’attenzione si sposterà sull’operato del Fascismo nelle istituzioni locali analizzando i casi di Cortona (Mario Parigi, 28 novembre) e di Arezzo (Alessandro Garofoli, 5 dicembre).

Le conferenze della Società storica aretina sono ad ingresso libero e gratuito.

Nelle foto. Manifestazione fascista in Corso Italia. Il relatore Salvatore Mannino.

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