Arezzo-Mosca A/R. di Francesco Caremani: Martino Gianni come Maldini e gli aretini non sono gli unici botoli ringhiosi
È uno di quegli aretini che mi piacciono molto e lo ammiro per come sa stare in posizioni che, personalmente, troverei parecchio urticanti.
Sa unire fermezza d’idee ed empatia con gli altri, doti tutt’altro che comuni di questi tempi e per me resta sinonimo di Giostra.
L’ex capitano del Milan ha compiuto 50 anni e mi manca.
Non sono milanista (sempre bene specificarlo nell’epoca dei social e delle bolle di conferma, termine scientifico: echo chamber), ma ho sempre ammirato Maldini, sia in rossonero che in azzurro e, da qualche anno a questa parte, ogni volta che lo sento parlare mi sorge la stessa domanda: cosa ci fa Maldini fuori dal Milan e/o fuori dalla Figc?
Spesso mi è stato risposto che un campione non per forza è anche un grande manager, vero, ma visto cosa hanno fatto i manager fino adesso del calcio italiano perché non provare? Replico io.
In tempi di governo del cambiamento ci starebbe pure bene, non credete?!
E cosa c’entra con Martino Gianni lo spiego subito: quando lo vedo fuori dalla Giostra, senza un ruolo (che saranno pure affari suoi, per carità), mi chiedo come sia possibile.
Postmettendo che non scrivo di Saracino e che ce ne sono tantissimi più preparati e bravi di me che lo seguono e, anche per mia fortuna, ce lo raccontano.
A Mosca, intanto, c’è un tassista che si chiama Ruslan, ama la musica leggera italiana e fa lo sconto a chi canta a squarciagola le canzoni di Toto Cutugno, piuttosto che Eros Ramazzotti, lo sconto raddoppia se col cellulare chiami casa e canti in coppia con un parente.
Notizia divertente e curiosa, raccontata dal collega di Tuttosport Roberto Colombo.
Ad Arezzo, invece, ho potuto constatare due anni fa come i nostri tassisti rappresentino un servizio pubblico qualificato.
Dolorante e alla vigilia dell’operazione alla schiena per un’ernia al disco, sono stato scarrozzato (pagando, ci mancherebbe ancora) tra fisioterapisti e uffici vari con grande professionalità, uno di loro si era addirittura proposto di attendermi.
Dovendomi gestire in quel periodo in completa solitudine ho apprezzato molto e ne serbo un ricordo affettuoso, perché è nel momento delle difficoltà che gli altri possono o meno fare la differenza.
I tassisti aretini, per me, l’hanno fatta e io sono uno che non dimentica, nel bene come nel male.
Oggi, per chi fosse ancora interessato (per lavoro non mi perdo una partita… complicato spiegarlo alla moglie!), a Russia 2018 si chiudono i gruppi E ed F, dove il Brasile rischia tutto contro la Serbia, prevedo una gara dagli alti contenuti agonistici, e la Germania deve superare la Corea del Sud, cosa che alla luce di ciò che ho visto sino a ora non dovrebbe essere complicato.
I serbi hanno buttato via un’occasione d’oro contro la Svizzera che adesso, con il Costa Rica, serve per il matchpoint, mentre ai brasiliani basta un pareggio per passare il turno.
Dai, pronostico secco: Brasile e Svizzera nel gruppo E, Germania e Messico nell’F.
Poi alla fine vediamo quante asiatiche e africane resteranno nel tabellone degli ottavi di finale, che potrebbe essere impietoso.
E allora viene alla mente una frase del romanzo più famoso di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, «L’idiota»: «Non passione ci vuole, ma compassione, capacità cioè di estrarre dall’altro la radice prima del suo dolore e di farla propria senza esitazione». Peccato che in questo calcio del Duemila, dove tanti credono alle favole (non sempre in buona fede), nessuno abbia compassione per l’avversario, poi dicono che siamo noi i botoli ringhiosi.
Da Arezzo è tutto, linea a Mosca.
Link correlato: Noi aretini chi siamo? Quelli operosi della Giostra o quelli del resto dell’anno? L’amletico mondiale di Francesco Caremani
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