Effetto ‘nonno’ sulle politiche sociali, Menchetti: “Illogico, divisivo, incostituzionale”
“Dopo la finanza di tremontiana memoria, ad Arezzo arriva il welfare ‘creativo’. Che forse è anche peggio perché frutto di un approccio discriminatorio e divisivo. Queste sono infatti le caratteristiche del nuovo regolamento per l’inserimento dei bambini nelle strutture educative comunali, dove i nonni baby-sitter sono alla base delle politiche sociali dell’amministrazione. Per accedere ai servizi per l’infanzia nella fascia di età zero/sei anni, il vicesindaco non si limita a prendere in esame lo stato oggettivo del nucleo familiare del minore ma estende il suo interesse ben oltre, coinvolgendo proprio i nonni. Così ogni vecchietto ‘arzillo’, usando la definizione dalla stessa vicesindaco in una recente intervista, deve considerarsi ‘abile e arruolato’ per fare da educatore al nipote o anche a più di uno: nessun punto in graduatoria, dunque, nel caso di nonni di età inferiore ai 75 anni, senza disabilità, che non lavorano più e risiedono nel Comune di Arezzo.
Insomma, un regolamento al contrario che punisce immotivatamente quelle famiglie che hanno i nonni in vita, pensa te, sotto i 75 anni, vorrei vedere quanti non sono in pensione, e hanno la sfortuna di essere residenti. Paradossalmente il bambino immigrato senza nonni ad Arezzo, in pratica la quasi totalità, sarà avvantaggiato rispetto all’aretino. Chissà se altri assessori o consiglieri comunali di maggioranza, che entrano in crisi se vedono stranieri anche solo avvicinarsi a una casa popolare o a un cimitero, saranno felici.
I nonni non sono un surrogato dei nidi e delle scuole comunali. Utilizzarli a proprio uso e consumo non significa essere innovativi nelle scelte di politica sociale, piuttosto è solo un modo grossolano e becero di scaricare tutta la responsabilità sugli aretini. Ci sono nonni che non possono accudire i nipoti per motivi di salute, oppure devono badare a un altro familiare non autosufficiente, ci sono nonni che non vogliono stare con i nipoti, per i motivi più disparati, magari tristi ma legittimi. Sono colpe? Assolutamente no. In questi casi che succede? Si punisce la famiglia del minore facendola retrocedere in graduatoria?
Il Comune da una parte beneficia dell’effetto ‘N’ mentre se la cosa viene guardata dall’altra parte, avere un nonno in gamba diventa una iattura. Non voglio chiedermi se questo sia normale, mi sembra che l’aspirazione a un ‘mondo normale’ sia propria di personaggi a cui non voglio essere avvicinato, piuttosto chiedermi se questo sia legale. Se tutto questo non viola l’articolo 3 della Costituzione, oppure gli articoli 28 e 97 della stessa sugli uffici e funzionari pubblici.
Ho quindi inviato una Pec a prefetto, provveditore e ministro dell’Istruzione affinché intervengano immediatamente per impedire questa evidente violazione, a mio avviso, dei principi costituzionali e affinché la stesura di un regolamento su tale materia sia preceduta da una condivisione almeno con l’utenza interessata dei servizi in questione”.