Omicidio dei Fratelli Talarico, pentito fa i nomi. Un cold case verso la soluzione?
«Sicuramente Domenico Colosimo aveva almeno la dote dello sgarro, perché aveva commesso l’omicidio dei fratelli Talarico». E’ stato per primo il pentito Danilo Monti, ex killer della cosca di Cerva, ad indicare in un altro collaboratore di giustizia, il Colosimo appunto, l’autore di uno dei fatti di sangue più gravi compiuti nell’ambito di una faida che per vent’anni ha insanguinato i boschi della Sila Piccola, con strascichi anche fuori dalla Calabria, nel Valdarno aretino. Dopo l’uccisione dei fratelli Talarico a Terranuova Bracciolini, avvenuta nell’aprile 2006, la cosca Arena di Isola Capo Rizzuto ordinò la pax mafiosa a due famiglie di ‘ndrangheta, i Carpino e i Bubbo di Petronà. Nel frattempo Domenico Colosimo, arrestato nell’operazione Karpanthos del settembre 2023, dal carcere ha rivelato i dettagli dell’esecuzione dei fratelli residenti in Valdarno, accusando altri due ed autoaccusandosi. Il 48enne esponente del clan Carpino ha ammesso che si trattò di un omicidio di ‘ndrangheta, un regolamento di conti bello e buono, come rivela il Corriere di Arezzo nell’odierna edizione. I due fratelli Talarico, trasferitisi a San Giovanni Valdarno e dipendenti edili, il 7 aprile 2006 vennero attirati in un tranello e poi freddati a colpi di pistola. Erano cinque persone in un’auto, i fratelli e altri tre, tra cui lo stesso Colosimo. La scusa era quella di andare a fare un furto. La buca al Tasso di Terranuova, al Borro Caprenne, dove i corpi vennero gettati, era stata già preparata. Una prima svolta nel 2022: Filippo e Raffaele Bubbo, Eliseo Greco, titolare di un’azienda edile in Valdarno, il fratello Giovanni Greco, in carcere in Calabria, Fiore e Tommaso Gentile, anch’essi detenuti, Mario Gigliotti, Domenico Colosimo, Giuseppe Rocca e Vincenzo Iervasi, tutti e 10 calabresi, vennero indagati per omicidio in concorso e soppressione dei cadaveri dei fratelli Angelo ed Ettore Talarico, 42 e 35 anni, originari di Cerva (Catanzaro). Per gli inquirenti e l’accusa, sostenuta dalla pm della Direzione Distrettuale antimafia Giuseppina Milone, si trattò di un’esecuzione di ‘ndrangheta. Venne eseguito l’accertamento tecnico in incidente probatorio del confronto del DNA degli indagati con quello repertato all’epoca in loco e sui cadaveri dei fratelli, rinvenuti il 9 aprile 2006, a 48 ore dalla scomparsa. Ora, a distanza di 18 anni, le ammissioni di Colosimo restringono ulteriormente il cerchio sui responsabili di uno dei più gravi fatti di sangue mai avvenuti in terra aretina.