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martedì | 11-03-2025

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La ragazza dai pantaloni verdi

Il 29 maggio 1985 era in programma nello stadio Heysel di Bruxelles la finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool. Nelle campagne di Rigutino alcuni ragazzi di Castiglion Fiorentino tifosi della Juve si organizzarono e si ritrovarono in un casolare di uno di loro per mangiare qualcosa insieme e guardarsi la partita. Con la TV accesa assistettero indifferenti alle immagini trasmesse dalla diretta televisiva, dove apparivano tifosi del Liverpool, i tremendi “hooligan”, che spingevano i tifosi juventini. Nulla faceva presagire il dramma o comunque quei ragazzi non lo percepirono. Poi si guardarono la partita, si bevvero tanta birra e alla fine, un po’ alticci andarono a festeggiare la vittoria della Juventus.

Solo il giorno successivo quei ragazzi seppero della tragedia che aveva coinvolto molti tifosi juventini e aveva stroncato 39 vite, tra le quali quelle di Roberto Lorentini – un giovane medico di Arezzo – e di Giusy Conti, una ragazza diciassettenne di Rigutino. Quei ragazzi castiglionesi provarono turbamento per aver festeggiato quella vittoria sporca di sangue e si sentirono in colpa. Fra di loro c’era Luca Serafini, neppure ventenne, che successivamente diventerà uno dei più brillanti giornalisti aretini, esperto di cronaca per il Corriere di Arezzo. Scrive adesso Luca: “Da allora ho portato con vergogna il ricordo di quella sera di scarso equilibrio, incapace di cogliere gli indizi di un evento grave, gravissimo”. Da quel giorno Giusy Conti è rimasta costantemente nei pensieri di Serafini “con il peso di chi le ha fatto un torto”.

Molti anni dopo Luca Serafini è venuto in contatto con la famiglia di Giusy, ha conquistato la sua fiducia, è entrato in confidenza. È nata quindi l’idea di raccontare il dramma di quella dolce studentessa diciassettenne, andata a Bruxelles per assistere ad un festoso evento sportivo e invece uccisa dalla follia violenta di una massa di ubriachi, lasciati liberi di sfogare i loro brutali istinti.

Luca Serafini ha raccolto molte testimonianze, di amici, parenti, compagni di scuola, professori di Giusy, ha indagato tra le cronache, le foto e i filmati di quel drammatico giorno e ha poi scritto una bella storia che ricorda Giusy Conti: “La ragazza dai pantaloni verdi. Giusy, la Juve, l’Heysel”, edizioni Effigi di Arcidosso.

Giusy era una brava ragazza che frequentava con profitto il Liceo Classico di Arezzo. Amava lo sport in generale e se giocava piuttosto bene a tennis, seguiva anche la Formula 1, il ciclismo e in particolare il calcio. Era tifosa dell’Arezzo e innamorata della Juventus. Si apriva alla vita come un boccio di fiore a primavera. Ancora non aveva le idee chiare sul suo futuro, indecisa tra la poliziotta, l’avvocata o la pilota di F1, ma qualsiasi cosa facesse l’affrontava con l’entusiasmo dei suoi verdi anni.

Tra testimonianze varie, toccanti e interessanti, il libro si snoda tra le varie tappe che portarono alla trasferta a Bruxelles per seguire la Juventus nella finale di Coppa. Una Coppa inseguita da tempo e malamente perduta solo due anni prima ad Atene con l’Amburgo. Giusy era andata anche nella capitale greca per seguire la sua squadra del cuore e aveva pianto molto per quella sconfitta. Nel 1985 l’obiettivo sembrava più facile da raggiungere e quindi nuova trasferta insieme al padre Antonio. Il breve giro per Bruxelles e poi allo stadio Heysel in attesa della partita. Poi gli hooligan ubriachi, divisi dai tifosi juventini da una rete da polli, iniziano a tirare oggetti, a rumoreggiare, a premere. Si scatena il panico, gli juventini che arretrano, premono sui loro vicini, si accalcano in fondo, parte della tribuna cede, la gente cade, altri cascano sopra ai primi in una scena infernale.

A casa Conti, a Rigutino, la mamma Marisa e il fratello Francesco assistono preoccupati, ma non immaginano il dramma. Solo nella nottata inizieranno ad avere dei motivati timori.

Un libro bello, scritto con scrupolo, con attenzione, delicato e rispettoso del dolore dei familiari di Giusy. Un libro che vuole ricordare Giusy non per come se n’è andata, ma come ha vissuto la sua breve vita, con entusiasmo, con tanto impegno, con molti sogni.

Il libro è aperto dalle introduzioni di alcuni campioni amati da Giusy, Marco Tardelli, Francesco Moser e Nelson Piquet, ai quali si aggiunge quella di Andrea Lorentini, il figlio di Roberto nonché Presidente dell’Associazione familiari vittime dell’Heysel.

Luca Serafini devolverà al Calcit i proventi delle vendite.

La presentazione del libro avverrà domenica 16 marzo alle ore 17,00 presso la Sala Ducci in via Cesalpino ad Arezzo.

Sinossi del libro “La ragazza dai pantaloni verdi. Giusy, la Juve, l’Heysel” di Luca Serafini – Ed. Effigi

Metà degli anni Ottanta. È il tempo dei Duran Duran e de Il tempo delle mele. Giuseppina, una ragazza di 17 anni, affronta la vita con entusiasmo, divisa tra studio e sport. Frequenta il Liceo Classico, con il sogno di costruirsi un futuro: forse in polizia, forse come giornalista. Il negozio dei genitori è un punto di riferimento per la sua città. A scuola è brillante e gioca bene a tennis, ma la sua vera passione è il calcio. Ama seguire l’Arezzo, la squadra della sua città, ma soprattutto il cuore batte per la Juventus di Platini. Sogna la Coppa dei Campioni e nel 1985 si presenta l’occasione per realizzare quel sogno. La Juventus è in finale contro il Liverpool e l’appuntamento è allo stadio Heysel di Bruxelles. Giusy convince i genitori a lasciarla partire e, con il suo amico Antonio, si unisce ai tifosi bianconeri. “Ciao, torno con la Coppa”, dice salutando i compagni di scuola e la mamma prima di partire. Ma quel sogno si trasforma in tragedia. Il 29 maggio 1985, allo stadio Heysel, la violenza degli hooligans inglesi e il crollo di un settore dello stadio provocano una delle pagine più nere della storia del calcio. Giusy non tornerà più a casa: è una delle 39 vittime di quella tragica notte. La ragazza dai pantaloni verdi, che aveva già scelto il suo angolo di mondo, diventa un angelo. La sua storia è un simbolo di passione, sogni infranti e memoria, affinché tragedie come l’Heysel non vengano mai dimenticate.

 

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