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mercoledì | 16-04-2025

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Partiti o partite? Cronache da una politica da Bar Sport

La politica è diventata roba da tifosi. Il paragone con il calcio potrà sembrare blasfemo, ma calza a pennello: ci sono gli ultras da curva, gli spettatori da divano e quelli a cui della partita non importa proprio niente.
Basta guardare i sondaggi: gli spostamenti sono minimi e sempre all’interno dello stesso stadio. Cala la Lega? Sale Fratelli d’Italia. Perdono voti i 5 Stelle? Cresce il PD. È un continuo gioco delle tre carte, ma con meno suspense.
Oggi ci si esalta per un +0,5%. Ma sapete quanto vale, in termini reali? Circa 130.000 voti. Parecchio meno della metà degli abitanti della provincia di Arezzo. In pratica, un battito d’ali di farfalla nel deserto, anche perché non si sa nemmeno dove siano sparsi questi voti.
Ai tempi della Prima Repubblica, un aumento del 2% veniva accolto con poca soddisfazione. Oggi basta uno zero virgola in più per stappare lo spumante. I tempi cambiano, si sa.
Cambiati a tal punto che ormai si dà per scontato che il 50% degli elettori non vada nemmeno a votare. Nessuno ne parla davvero. Forse per pudore, forse per non dover ammettere che la politica, quella vera, è rimasta chiusa in qualche armadio accanto alle giacche di velluto a coste. Oppure, più semplicemente, non interessa più: tanto quello che conta è arrivare allo scranno.
Ed è qui che sta il vero problema.
Abbiamo gli ultras della curva: quelli che, per fede o per tornaconto, non cambieranno mai idea. Poi ci sono gli spettatori da salotto, che decidono lo 0,5% in base all’umore del giorno. E infine, c’è la massa silenziosa: quelli che si disinteressano della partita, tra un aperitivo e la fatica di arrivare a fine mese.
Ed è proprio lì che bisognerebbe tornare a guardare. Ma è dura, durissima riconquistare la fiducia quando l’hai persa da tempo. E ancora più dura è recuperare credibilità, specie quando, a giudicare dai comportamenti, molti politici sembrano la caricatura di ciò che dovrebbero rappresentare.
Qualcuno pensa che la soluzione sia tutta tecnologica, che basti una app o qualche storia Instagram per avvicinare la gente. Come se fosse un problema di Wi-Fi. E invece no, o almeno non solo. Il punto sono i contenuti. Le scelte. Le posizioni da prendere.
Per esempio, su temi come la pace e la guerra non si può continuare a galleggiare come sugheri in mezzo al mare. Servono decisioni nette e coraggiose.
O si restituisce speranza, oppure vincerà la paura. E quando a vincere è la paura, il passo verso l’oppressione è breve. I segnali, purtroppo, li abbiamo già sotto gli occhi.

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