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martedì | 25-02-2025

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Torna il silenzio degli innocenti. Centro Basaglia: “psichiatria, una riforma ancora non applicata”

Nato per il superamento dell’istituzione manicomiale, la lotta contro ogni forma di emarginazione e il lavoro teorico compiuto per l’affermazione di una scienza a servizio del bisogno di salute di tutti gli uomini, il Centro fa riferimento all’esperienza di Franco Basaglia, che si è collocata all’interno delle più profonde lacerazioni umane, nei luoghi delle segregazione e dell’emarginazione e che ha dimostrato che un progetto di salute è sempre possibile se collegato ad un processo reale di emancipazione e di liberazione di uomini e donne. Un contributo prezioso, quello dato da Franco Basaglia che deve continuare a vivere nelle diverse condizioni di oggi, ancora per i malati di mente, ma per tutti coloro, e sono tanti, che rischiano l’abbandono, l’isolamento, l’emarginazione, la dipendenza, la precarietà nell’esistenza e nella convivenza.

“Il drammatico episodio accaduto nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Bergamo, in cui ha perso la vita una ragazza di soli 20 anni, ci obbliga ad uscire da quello strano torpore che sta avvolgendo le nostre menti in una sorta di oblio collettivo.

Nell’aria si respira una crescente tendenza a rifiutare  chi è diverso o semplicemente non rientra nei canoni ipocriti di chi pretende di definire la normalità. Quindi si cacciano i disperati che fuggono dalle miserie del mondo e dalle sue violenze terribili oppure si picchia chi manifesta orientamenti sessuali diversi. ciò che non ci piace o ci fa paura va eliminato o nascosto alla nostra vista.    È facile leggere una continuità logica di pensiero con chi sempre più spesso parla della sofferenza psichica e delle persone che ne soffrono in termini di malati da rinchiudere o almeno nascondere, dimenticandosi – come affermava Basaglia – che spesso dietro il disagio e la sofferenza vi è una storia di ordinaria e privata infelicità.

Le persone così ritornano ad essere malati da relegare in strutture anche più belle dei vecchi manicomi ma dove l’idea di fondo è la stessa. I continui tagli alla salute mentale in sanità hanno contribuito ad accelerare questa regressione politica e culturale nei servizi dove oramai le prestazioni sono sempre di più oli ambulatoriali cancellando lentamente l’esperienza nata con Basaglia di salute mentale di comunità e di riabilitazione territoriale dimenticandosi che il bisogno si affronta a partire dai luoghi di vita delle persone, la dove il disagio si manifesta e va affrontato nella sua  complessità.

Oggi la buona politica, le istituzioni recettive e consapevoli, le buone pratiche dei servizi e la partecipazione democratica che accompagnarono quella fase di superamento delle strutture segreganti dando dignità e diritti ai “senza voce e senza storia”, vivono una fase di profonda involuzione.

Le persone fragili e le loro famiglie sono così spesso lasciate sole e le associazioni di volontariato, voce indispensabile a cui attingere per la rappresentanza dei bisogni, non vengono prese nella dovuta considerazione. Oggi con crescente naturalezza nei reparti psichiatrici ospedalieri si fa sempre più ricorso a tecniche di contenzione che sembravano cancellate dalla rivoluzione , purtroppo incompiuta, sancita dalla legge 180. Non sappiamo se l’episodio terribile di Bergamo sia il frutto di questi cambiamenti ma il contesto in cui gli operatori della salute mentale sono chiamati ad agire è questo. Anche nella nostra civile Toscana si sta strutturando questo tremendo approccio e forse è arrivato il momento che le comunità , la società civile, così come 50 fa, si mobilitino  a tutela dei diritti non dei suoi malati ma dei suoi cittadini con la consapevolezza che vale per tutti, senza lasciare indietro nessuno perché non vi sono figli di un dio minore, la prospettiva di una vita degna di essere vissuta e non stroncata perché “contenuta” in un letto di ospedale”.

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