Non “andrà tutto bene” se nessuno pensa al futuro di Arezzo e del suo territorio
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Il Governo litiga con le Regioni, la maggioranza bisticcia al suo interno e l’opposizione gioca al “tanto peggio tanto meglio”. Si disperde così, in mille fetidi rigagnoli, quel senso di “comunità” che rende un paese forte e credibile.
Essere comunità significa avere consapevolezza del bene collettivo, al di là delle ideologie. Un po’ come avvenne all’indomani della ricostruzione postbellica che, pur tra mille contraddizioni, dette vita al “miracolo italiano”. Mentre allora c’era un sentire comune oggi, al contrario, si lavora per dividere e alimentare la rabbia sociale.
Lo so bene che a pagare il prezzo più alto della pandemia, in termini economici, sono e saranno i lavoratori autonomi, i precari e quei dipendenti privati, incerti su cosa li attende alla fine della cassa integrazione. Fin da ora si assiste ad una aumento delle fasce di povertà e disagio: bisogna prepararsi a tempi duri.
Diversi anni orsono un leader, mai troppo citato, ebbe a dire “Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora, ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi”.
In questo periodo ho sentito di tutto, ma non ho sentito nessuno dire che occorre ridurre le indennità dei parlamentari, dei consiglieri regionali, dei cda delle aziende pubbliche, dei sindaci per costituire un fondo destinato ai più deboli.
Se qualcuno desse davvero l’esempio non mi scandalizzerei se i dipendenti pubblici fossero chiamati ad un contributo di solidarietà per la sanità e i servizi sociali di questo paese. La forza dell’esempio è dirompente, ma nessuno se ne vuole assumere l’onere. Così come nessuno, tra chi conta, vuole assumersi il dovere di decidere, tuttavia l’avvenire si costruisce oggi, perché domani sarà già troppo tardi.
Ho la brutta sensazione che, al di là delle parole, nessuno sia pronto ad immaginare un mondo diverso e più giusto. La politica, a tutti i livelli, non sembra in grado di accettare la sfida, perché la strada della giustizia sociale e ambientale richiede un lavoro impegnativo, richiede cultura, immaginazione, passione e fantasia. Tutte qualità che si sono perse in una gestione tecnico-burocratica dello Stato, delle Regioni e dei Comuni. Anche da noi, in questo nostro piccolo mondo di provincia, un tempo opulenta e oggi attraversata da una crisi profonda, manca un barlume, un’idea su cosa fare. Quale futuro per Arezzo e il suo territorio? Quali progetti per sostenere le imprese e il tessuto economico? Quali idee da spendere alla trattativa che si aprirà sui fondi i Ue finanziati dagli euro bond?
Si ragiona di tutto meno che del futuro e “non andrà tutto bene“: i partiti sono troppo impegnati in una lotta disperata per la sopravvivenza e le istituzioni mostrano, salvo qualche rara eccezione, una assenza di politica che le rende gusci vuoti. E intanto il mondo intorno a noi ha ripreso a correre.