Con Draghi non è scomparsa la “rabbia sociale”
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Non credo che la rabbia sociale, che ha dato vita a fenomeni politici come il Movimento 5 stelle e alla affermazione della Lega come partito nazionale, sia annacquata nel minestrone (politico) che sostiene Draghi.
E’ possibile che l’emergenza sanitaria e la congiunta impossibilità di moto e riunione, abbiano smorzato la temperatura della rabbia collettiva, ma quest’ultima non è morta, tutt’altro.
Si accumula, giorno dopo giorno, in una sorta di camera magmatica, con uno sviluppo che ricorda l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. quando la lava formò un tappo che esplose dopo un lungo periodo di quiescenza. Troppo facile oggi pensare che con Draghi e la sua indubbia competenza, si siano risolti d’incanto tutti i problemi. Come diceva qualcuno non basta guardare alla rabbia del fiume in piena senza far caso alla violenza degli argini che lo costringono.
Oggi gli argini hanno il profilo dell’incertezza e della precarietà. Che succederà quando finiranno gli aiuti alle imprese e gli ammortizzatori sociali? Che succederà quando, con la buona stagione, riprenderà più forte il flusso dei migranti? Che succederà se il tema delle disuguaglianze, emerso con vigore durante la pandemia, non verrà affrontato con gli strumenti della politica e non solo con quelli dell’economia?
No, la rabbia non è evaporata come nebbia al sole. Per questo è sbagliato credere che la barca possa riprendere la corrente solo perché è cambiato il nocchiero, se non si tappano le falle la navigazione sarà egualmente perigliosa. E’ questo il compito che attende le forze di centrosinistra che hanno accettato di sostenere Draghi. Così deve essere, altrimenti la rabbia (sopita ma non scomparsa), rischia di trasformarsi in odio e l’odio in cattiveria e con l’odio sociale e la cattiveria diffusa, ogni buon proposito rischia di perdersi.