Arezzo, la prima è andata. Gli amaranto possono continuare a sperare

La prima è andata. L’Arezzo conquista i tre punti con la Fermana e continua a sperare. Ad onor del vero la prestazione contro i gialloblu di Cornacchini è stata ai limiti dell’inguardabile. Squadra lenta, incapace di impostare una qualsivoglia azione degna di questo nome, prevedibile ed involuta, si è affidata per lo più a lanci dalla difesa per le punte, sperando che si inventassero qualcosa, anche perché ogni volta che si provava ad avanzare palla a terra e per mezzo del centrocampo si finiva col perderla causa errori anche banali. La buona sorte ci ha però assistito quando Perez a metà secondo tempo, dentro una inerzia faticosa ed improduttiva, si è avventato sull’ennesimo rilancio alla “sperandio” ed ha saputo aggirare il difensore avversario (o se preferite quando il difensore avversario si è fatto uccellare banalmente); il conseguente netto fallo ha indotto l’arbitro alla concessione del rigore e Di Paolantonio (di nuovo escluso dal primo minuto) lo ha trasformato. La frettolosa ed oggettivamente un po’ eccessiva espulsione di Boateng ha semplificato l’ultima parte di gara. La Fermana non s’è vista mai dalle parti di Sala, che l’unico problema se l’è creato da solo con un’avventurosa uscita al limite dell’area. Ci volevano i tre punti e ce li siamo presi. Alla fine nella tribolata stagione che stiamo vivendo questo è quello che conta, ma saremmo miopi se non evidenziassimo i limiti di atteggiamento e di gioco che hanno caratterizzato anche questa prestazione. Eravamo purtroppo stati facili profeti nell’ipotizzare che davanti ad avversari che ti lasciano l’onere di fare gioco, questo Arezzo avrebbe avuto difficoltà. A maggior ragione se si tiene in panchina Di Paolantonio. Ora, che il giocatore sia di non semplice collocazione tattica in un gruppo di centrocampisti come quello assemblato dalla direzione tecnica, con  due mediani fotocopia come Arini e Altobelli e nessun centrocampista vero (alla Foglia, per intendersi), è un fatto. Sia Camplone che Stellone hanno diverse volte deciso di farlo partire “centro panchina” perché l’ex Avellino ha le caratteristiche del centromediano metodista, non copre con efficacia uguale a quella d’un mediano, non si inserisce come un centrocampista. Epperò è l’unico (insieme a Serrotti) che sa dare del tu al pallone, l’unico capace di azzeccare un lancio, di aprire il gioco, di inventarsi qualcosa che non sia lo stantio fraseggio visto per oltre un’ora nel pomeriggio di sabato. Altobelli e Arini (più il primo che il secondo) condiscono le loro prestazioni con frequenti errori di misura che mortificano ogni tentativo di ripartenza e dunque “Dipa” ci pare un elemento imprescindibile per cercare di dipanare un copione leggibile anche a favore delle punte costrette altrimenti ad inventarsi l’impossibile (e non abbiamo, ormai è chiaro, lo sfondareti che trasforma in oro quel che tocca). Servirebbe poi un po’, almeno un po’ di “occhio della tigre”; sabato, se c’era, era quello di un felino in fase digestiva. La “garra” per gli scontri diretti sarà ingrediente importante quanto la qualità di palleggio. La sfida quindi continua. I risultati del fine settimana sono stati favorevoli. La quint’ultima posizione è a 7 punti e la occupano i nostri prossimi due avversari, Fano e Imolese. Il futuro passa da qui.

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