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domenica | 23-02-2025

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A 100 anni dai fatti di Renzino. Quale insegnamento?

Al di là dell’episodio specifico, sicuramente tragico per il numero di vittime (3 fascisti morti nell’imboscata e 9 uccisi nelle rappresaglie fasciste), la cosa più evidente è che quell’episodio giunse al culmine di una stagione che vide la brutalità diventare principio di lotta politica.
Una strategia messa in atto con lucidità determinazione, come fu ben sottolineato da Giacomo Matteotti in un suo intervento alla Camera: «oggi in Italia esiste una organizzazione pubblicamente riconosciuta di bande armate, le quali dichiarano apertamente che si prefiggono atti di violenza, atti, di rappresaglia, minacce, violenze, incendi. (…)» e poi rivolto alla destra liberale aggiunse «La violenza esercitata dal fascismo è una reazione, un mezzo, di cui la vostra classe vuol farsi arma per provvedere al proprio interesse […]. La classe che detiene il privilegio politico. La classe che detiene il privilegio economico, la classe che ha con sé la magistratura, la polizia, il Governo, l’esercito, ritiene sia giunto il momento in cui essa, per difendere il suo privilegio, esce dalla legalità».
Anche qui, in Valdichiana e in provincia di Arezzo, la violenza divenne parte di un disegno politico: nella campagne per proteggere gli interessi degli agrari e nella nascente industria a difesa dei proprietari delle fabbriche. Una violenza resa più acuta dal fatto che al momento del voto, sinistra e popolari si affermarono, nella nostra regione, come forze preponderanti.
In Toscana alle elezioni politiche del 1919 i Liberali, democratici e radicali ottennero il 30,7% dei consensi, il Partito Socialista il 43,9% ed i Popolari il 19,9%. A questa tornata elettorale, seguirà, nell’autunno del 1920, il voto amministrativo, che segnò un ribaltone: nei mandamenti di Foiano e di Castiglion Fiorentino i socialisti si aggiudicarono la totalità dei Consiglieri provinciali e dei comuni e il 10 ottobre il PSI riportò una affermazione schiacciante nei mandamenti di Cortona e Sansepolcro. La risposta a queste vittorie fu la violenza. Le squadre fasciste, dotate di grande capacità di mobilitazione e in moltissimi casi sostenute dagli apparati dello Stato (a Renzino mezzi e armi venivano dai depositi militari), iniziarono a colpire in maniera “scientifica” le giunte appena elette, le sedi di cooperative, sindacati e partiti. Incursioni, minacce, ritorsioni, che nella primavera del 1921 portarono alle dimissioni di quasi tutte le amministrazioni socialiste.
In questo contesto si inseriscono i “Fatti di Renzino”, non cieca violenza, come riportarono i giornali dell’epoca, ma reazione popolare alla sopraffazione portata avanti con spietata determinazione da fascisti e agrari.
Può essere quel lontano episodio un ammaestramento per i nostri giorni? I tempi sono assai diversi, il clima politico è cambiato, eppure, ancor oggi, una venatura di violenza attraversa la lotta politica. Non più violenza fisica, salvo alcuni sporadici episodi, ma una violenza più sottile e subdola che si nutre di parole feroci, che sfrutta il disagio economico e sociale, che al posto delle bastonature usa i social per colpire persone e Istituzioni. Un’aggressività fatta di parole che feriscono e instillano sentimenti di odio e divisione. Una violenza che è difficile combattere, perché figlia della globalizzazione, della pervasività dei social media e di un’informazione sensazionalistica. Una violenza che si autoalimenta, distruggendo, giorno dopo giorno, il tessuto morale su cui si fonda l’impalcatura sociale. La risposta a questo clima velenoso risiede forse in una rigenerazione della politica, in cui valga il principio della capacità, della competenza e dell’integrità. Tuttavia questo significherebbe per alcuni, anzi per molti, farsi da parte. E può qualcuno scegliere consapevolmente di abbandonare posizioni di privilegio e di prestigio?
Per rimuovere le incrostazioni politiche che, 100 anni fa portarono ai “Fatti di “Renzino”, ci volle una guerra di Liberazione. Oggi non si vede all’orizzonte nessuna Liberazione.

Nelle foto: Foiano, Piazza Nencetti, l’installazione dedicata alle immagini di vita quotidiana degli anni ‘20 attraverso le foto di Furio del Furia (curata da Marcello Fatucchi) e la mostra-progetto “Ricordi Manifesti” organizzata dalle classi terze medie dell’Istituto Omnicomprensivo di Foiano.

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