L’Arezzo riparte dal capitano. Il momento delle scelte
Nonostante l’amarezza resti sempre lì dove si è depositata alle 17 di domenica 2 maggio, nonostante la società abbia ignorato totalmente i segnali (anche forti) lanciati dalla piazza contro Muzzi e De Vito confermando soprattutto il primo sin dal fischio finale della partita di Cesena (e che Muzzi sia ontologicamente imprescindibile dalla proprietà Mag appare ormai evidente), nonostante sia stato abbastanza fragoroso prima il silenzio poi l’acquiescienza di Orgoglio amaranto rispetto a vicende per le quali ci saremmo aspettati una presa di posizione ben più marcata e vicina ai sentimenti del tifo amaranto (come avvenuto in passato), nonostante tutto questo, bisogna cercare di guardare avanti perché la bandiera non si ammaina mai. Nel futuro, a meno di clamorose novità, c‘è la serie D, il principale campionato dilettanti che all’Arezzo sta indigesto più di un piatto di crauti. Campi piccoli, agonismo a mille contro la nobile decaduta, poca tecnica e tanto campanile ci hanno sempre messo in difficoltà. Per questo diventano fondamentali le scelte che la società, dopo averle praticamente sbagliate tutte nel corso del campionato appena concluso, farà in questo mese. La prima sarà quella dell’allenatore. Circola da giorni il nome di Marco Mariotti, tecnico sessantenne con patentino professionistico nuovo di zecca (nel senso che non ha mai allenato tra i pro, dove conta solo anni da secondo al seguito di Gustinetti e Sarri) ma con militanza solida in quarta serie, dove se non ha mai vinto è stato però protagonista di buone annate con squadre anche molto giovani. Il profilo ha fatto storcere il naso a molti, ma certamente è uno che la categoria la conosce e potrebbe suggerire scelte di mercato più convincenti di quelle poste in essere la scorsa estate. Sbagliare, ripeto, non si può e non si deve. I programmi dovranno essere esposti chiaramente, con annessi ruoli e responsabilità e senza i distinguo ed i vittimismi che a tratti sono emersi nella stagione appena conclusa. Il popolo amaranto è dotato di pazienza quasi infinita, ma soprattutto pretende chiarezza. Si dica cosa si vuole e come si vuol fare, cercando di mettere insieme un programma fatto di pragmatismo e concretezza, che tralasci i maxi-contratti e punti prima di ogni altra cosa alla qualità umana degli interpreti, una scelta che ripaga sempre sul campo, a volte anche a prescindere dai valori tecnici assoluti. Se se ne cerca conferma, basta vedere come proprio in questo fine settimana la Virtus Verona di mister Fresco, scesa in campo decimata e con giocatori appena sfebbrati dal Covid, ha sbancato Trieste e avanza nei play-off; qualcuno ricorda gli alti lai di Camplone & C. quando il virus colpì i nostri? Nei fatti la differenza è che i veronesi scoppiano di gioia, mentre a noi scoppia il fegato. Insomma, stavolta poche figurine e molte palle. E’ il momento delle scelte e non si può sbagliare ancora.