Rave party, questione di dignità istituzionale
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Nel momento in cui per via del COVID si limita al pubblico quasi tutto, migliaia di persone si sono potuto radunare impunemente e senza controlli. Tutto questo al netto di notizie da verificare di tentativi di stupro, uso smodato di droghe e alcool, furti, mucche impazzite per il rumore, cani morti di sete e montagne di rifiuti. L’unica cosa certa è un ragazzo ritrovato cadavere nel lago. Cose prevedibili se si concentra in 30 ettari l’equivalente di tutti gli abitanti di S. Giovanni Valdarno.
Nonostante questo qualche esponente della così detta contro-cultura afferma che «Il rave è uno degli ultimissimi spazi di libertà rimasti a questo mondo, una terapia per molte persone e un veicolo di cambiamento».
Basta cazzate!
Mi dispiace ma qui non siamo in presenza di un atto di libertà, siamo invece alla celebrazione dell’ “ognuno faccia ciò che vuole”. Una tentazione, in verità, che non riaffiora solo in manifestazioni estreme come i Rave party ma in molti altri aspetti della nostra impoverita vita sociale.
Una volta la disobbedienza, la ribellione, il rifiuto delle regole pre-costituite sembravano essere gli strumenti per creare un mondo migliore, oggi sono diventati i grimaldelli per fare i cazzi propri.
Di fronte a questo lo Stato dovrebbe reagire. Invece un’armata di qualche migliaio di ragazzi è riuscita a mettere sotto scacco le Istituzioni che si sono dimostrate incapaci di prevenire, limitare, intervenire nei tempi giusti.
Quale esempio e quale sicurezza lo Stato e le istituzioni riescono a dare alle persone, cui “impongono” di armarsi di green pass per mangiare al ristorante, prendere un treno, andare in una spa o in un museo se poi assistiamo alla resa di fronte alla più completa illegalità?
Tra TV, giornali e social è tutta una fiera dell’ipocrisia. Una doppiezza mascherata da sdegno quando per esempio leggo di Amministratori locali che attaccano per la storia del Rave il Ministro dell’interno (e fanno bene) ma poi, con noncuranza, organizzano nei loro comuni eventi cui partecipano migliaia di persone.
Mi si potrà dire “ma in quei casi ci sono i controlli”. Non prendiamoci in giro, lo sappiamo tutti che è impossibile. È più onesto dire la verità: la legge del profitto, sia esso economico o politico, passa avanti a tutto, il resto sono ciance.
Forse aveva ragione Boccaccio che, al momento della peste, si inventò una fuga in buona compagnia per raccontarsi novelle. Almeno lui scelse la campagna fiorentina, fresca e ventilata. Noi, invece, uomini moderni, le novelle ce le raccontiamo nell’afa pomeridiana, picchiettando sulla tastiera del computer.
Foto credits: Il Messaggero