Arezzo, esclusivo: i costi di un’annata maledetta

Dal momento che la partita di pallanuoto al Turri di Scandicci è durata solo 28 minuti, affrontiamo, in questa metà settimana che ci separa dal prossimo impegno agonistico, la lettura interessante del bilancio della Società Sportiva Arezzo. Quanto costa una retrocessione come quella dello scorso campionato? Che effetti ha sul bilancio di una squadra di dimensioni medio-piccole una gestione dell’area tecnica come quella cui abbiamo assistito tra agosto 2020 e maggio 2021? Per capirlo siamo andati a scaricare dal sito di Unioncamere il bilancio ufficiale della Società Sportiva Arezzo al 30 giugno 2021, approvato in data 28 ottobre dai soci Mag Servizi Energia (99%) e Orgoglio Amaranto (1%). Appena sfogliate le pagine, salta all’occhio il rosso “monstre” dell’esercizio concluso, con l’amara caduta tra i dilettanti. La S.S. Arezzo chiude infatti il conto economico con una perdita di 6.240.807 euro (+202% rispetto alla chiusura d’esercizio 2020). Una bella botta, non c’è che dire, però calma. I numeri vanno letti nel dettaglio. Il patrimonio netto (ovvero tutte quelle fonti di finanziamento interne derivate dai soggetti che costituiscono l’azienda o la Società, gli azionisti appunto) è negativo per 3.074.661 (era 658.530 al 30/06/2020), perché a mitigare la perdita maturata nel periodo 1 luglio 2020-30 giugno 2021 c’è un capitale sociale interamente versato di 1.200.000 euro (era 540.000 euro nell’esercizio precedente) ed un accantonamento a riserve di 1.966.146 euro (+126% rispetto all’anno prima). I debiti tributari e quelli relativi alle rateizzazioni legate alla definizione delle vicende erariali della vecchia Unione Sportiva sono saliti, ma restano sterilizzati dalla sospensione dei pagamenti legata alle agevolazioni concesse a seguito dell’emergenza pandemica. Chiaramente l’effetto positivo degli interventi a sostegno del patrimonio come sopra esposti è solo parziale, data l’entità della perdita.

Ma cosa ha provocato la oggettiva voragine nei conti del club?

Eppure i ricavi da vendite e prestazioni sono saliti (1.215.460 contro 742.905) sebbene poi questa crescita sia stata penalizzata dal calo degli “Altri ricavi e proventi”, scesi da 2.044.449 a 871.787 euro. Dunque, mentre appaiono fisiologici, data anche la temperie legata al covid, gli aumenti del totale dei debiti (peraltro con una diminuzione di quelli verso banche ed un aumento di quelli verso fornitori, cosa di per sé positiva, che testimonia di un credito che la società gode verso chi la fornisce), salta all’occhio, nel conto economico, l’impennata vertiginosa dei costi per il personale, passati dai 2.548.702 del 30 giugno 2020 a 4.481.642 (+ 75,8%), con ogni probabilità effetto della necessità di comporre due squadre dopo il fallimento della campagna acquisti estiva. Si aggiunge poi la corretta necessità di svalutare, causa la caduta nei dilettanti, le immobilizzazioni immateriali (1.042.572) per “perdite durevoli di valore” relativamente al debito sportivo accollato in sede di acquisto dell’azienda dalla procedura fallimentare dell’US Arezzo e per perdita di valore della capitalizzazione del settore giovanile (sappiamo tutti che i ragazzi della primavera 3 campione d’Italia sono stati automaticamente svincolati all’atto della retrocessione in D). Fortunatamente vengono in soccorso le misure previste dalla Legge di Bilancio 2021, che consente di andare in deroga in materia di ricostituzione del patrimonio netto e consente che “il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo come stabilito dagli articoli 2446 secondo comma e 2482-bis, quarto comma del Codice Civile, è posticipato al quinto esercizio successivo“. Quindi, come ben illustrato nelle note integrative del bilancio, “la società ha cinque anni di tempo per riassorbire la perdita del presente esercizio tramite gli utili degli esercizi successivi o tramite futuri aumenti di capitale”. L’opzione offerta dal legislatore è stata comprensibilmente sfruttata dalla società.

Tornare al più presto nel calcio professionistico

Dalla lettura della nota integrativa e della relazione all’approvazione del bilancio, si rileva la ricorrente sottolineatura della volontà della proprietà di “tornare al più presto nel calcio professionistico”. Ribadita anche la volontà del socio di maggioranza di “ripianare, con il tempo, le perdite e di voler rafforzare la società anche nell’ottica di una promozione in serie C“. Dal verbale di approvazione del bilancio, si evince anche l’intervento del presidente di Orgoglio Amaranto Stefano Farsetti, che dopo aver espresso preoccupazione per la situazione economico finanziaria del club, chiede un “business plan” che consenta di valutare la futura sostenibilità della gestione, documento che il socio di maggioranza, nella persona di Guglielmo Manzo, dopo aver rassicurato sulle prospettive future, si impegna a fornire a breve al socio di minoranza. Fino a qui i numeri.

Qualche considerazione

L’impatto della pandemia si è fatto sentire a tutti i livelli e quindi anche a quello calcistico per introiti da botteghino e sponsorizzazioni. Nel nostro caso, quest’ultima voce non ha subito flessioni, perché la società che pagava per avere il nome sulle gloriose maglie amaranto è della stessa proprietà del club ed anzi in corso d’anno ha sostenuto massicciamente la S.S. Arezzo. Il Covid quindi, nel caso dell’Arezzo, è servito soprattutto per evitare la corsa ad una rapida ed ingente ricapitalizzazione a seguito della perdita d’esercizio che nasce dalla gestione dell’area tecnica del club. Inutile qui ripercorrere le vicende che ci hanno amareggiato per nove lunghi mesi, il tourbillon di allenatori e calciatori, le risoluzioni onerose, il naufragio sportivo finale. Quello che sconcerta è che la lezione di un esercizio chiuso con un risultato economico pesante quanto quello calcistico, pare sia passata come acqua sul vetro. Siamo ai primi di dicembre e già si sta disfacendo la rosa composta a luglio, già è saltato un allenatore, si stanno tesserando nuovi calciatori. Certo che le spese per la serie D non sono comparabili a quelle delle categorie professionistiche (salvo errori la cifra massima contrattualizzabile in questa categoria ammonta a 30.499 euro) però se il costo del personale (dove stanno gli stipendi dei giocatori) viene sistematicamente raddoppiato, è difficile prevedere che si riesca a chiudere bene anche l’esercizio in corso, a meno di una ingente iniezione di denaro da parte del socio di maggioranza e nonostante una sponsorizzazione budgettizzata a 500.000 euro, una somma che fa invidia a parecchi top club di serie C e forse anche di B. Quanto ad OA vien da chiedersi perché non si sia ritenuto di informare soci e sportivi tutti sull’andamento gestionale del club, tanto più che da parte della Mag Servizi si è costantemente riconfermato l’impegno preso e dunque, rispetto al passato, non c’è da temere una fuga che ci lasci in braghe di tela esposti ai rigori invernali. Il comitato, per quel che se ne sa, dovrebbe rappresentare il “cane da guardia” delle proprietà a tutela della sostenibilità e della storia del calcio aretino. Ad ogni buon conto, siccome l’esperienza ci insegna, ahinoi, che non di solo pallone vive un club, è bene che ci sia contezza diffusa della gestione sportiva di un bene comune com’è quello della squadra di calcio che rappresenta una città, per questo e solo per questo ci siamo permessi l’analisi dei numeri che non inficia né mette in dubbio il valore delle ripetute rassicurazioni della proprietà circa la bontà del progetto e l’impegno per le sorti future del nostro amato Cavallino.

Articoli correlati