Banca Etruria, la difesa: “Altro che consulenze d’oro, era operazione salvavita”

Visto lo stato in cui si trovava la banca, “si trattava di un’operazione salvavita, quindi era necessario scegliere i migliori consulenti italiani”. Gli oltre 4 milioni spesi in consulenze e contestati agli imputati, sarebbero stati dunque “spesi legittimamente“, nel tentativo, poi risultato vano, di salvare l’istituto di credito aretino. E’ la linea portata avanti dall’avvocato Giulio Uzzini, della difesa di Pierluigi Boschi, espressa nell’arringa di ieri in Tribunale ad Arezzo durante l’udienza relativa al filone consulenze del crac Banca Etruria. Ed è anche la posizione dei legali degli altri tredici imputati, le cui arringhe sono spalmate tra la giornata di ieri e quella di oggi: la richiesta è quella di “assoluzione perché il fatto non sussiste“. Di tutt’altro avviso la pm Angela Masiello, che ha chiesto la condanna a 8 mesi per Daniele Cabiati, Carlo Catanossi, Emanuele Cuccaro; 9 mesi per Alessandro Benocci, Claudia Bonollo, Giovanni Grazzini, Anna Lapini,  Alessandro Liberatori e Ilaria Tosti; 10 mesi per Claudio Salini. Per Pier Luigi Boschi, all’epoca vice presidente dell’istituto di credito aretino, padre dell’ex ministra del governo Renzi Maria Elena, attuale capogruppo di Italia Viva alla Camera, il sostituto procuratore Masiello ha chiesto la condanna a 12 mesi, così come per Luciano Nataloni, Claudia Bugno e Luigi Nannipieri. Le consulenze finite nel mirino della Procura sono quelle che vennero affidate per valutare, analizzare e poi avviare il processo di fusione con un istituto di elevato standing: in tutto 4,5 milioni di euro, emersi dopo le indagini a cura della Guardia di Finanza. Le autorità bancarie, infatti, avevano richiesto di approfondire la possibilità di una fusione con la Banca Popolare di Vicenza, operazione che poi non si concretizzò. Per sondare la prospettiva di tale fusione, però, stando agli elementi raccolti durante le indagini, furono affidati incarichi per circa 4 milioni e mezzo di euro, in un arco temporale compreso tra il giugno e l’ottobre 2014, a grandi società, come Mediobanca, o rinomati studi legali di Roma, Milano e Torino. Secondo l’accusa definita dal pool di pm istituito dal procuratore Roberto Rossi, fu tenuta una condotta imprudente, con i vertici della banca che non avrebbero vigilato sulla redazione di quelle consulenze, ritenute dagli inquirenti in gran parte inutili e ripetitive. Entro il mese di maggio è attesa la sentenza che sarà emessa dal giudice Ada Grignani.

 

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