La storia non si cancella, la storia si studia
Da qualche parte ho letto che a Cardiff è stato deciso di “cancellare” Guglielmo Marconi dalla storia. Lo scienziato italiano doveva essere celebrato con un monumento ma il progetto è stato sospeso perché il grande inventore sarebbe stato “fascista, colonialista e antisemita”.
Non se queste accuse siano tutte vere, di certo fa sorridere che gli inglesi accusino qualcuno di colonialismo ma non è questo il problema.
Il problema è la completa decontestualizzazione del personaggio che visse in un’epoca dove la stragrande maggioranza degli intellettuali italiani inneggiava al fascismo, dove il colonialismo veniva considerato apportare di civiltà e l’antisemitismo era purtroppo dottrina diffusa nel mondo, non solo in Germania o in Italia.
Ma essere “uomo del suo tempo” toglie qualcosa alla grandezza dello scienziato ed al valore delle sue scoperte?
La “cancel culture”, soffocante piovra, ben poco si differenzia dalla furia iconoclasta dei fondamentalisti jihadisti che hanno decapitato le sculture millenarie di Palmira in Siria o distrutto i Buddha di Bamiyan in Afghanistan.
Non è abbattendo le statue del generale Lee e quelle di Cristoforo Colombo o negando un monumento a Marconi che si restituisce dignità agli oppressi, agli schiavi ed ai nativi americani. La storia non si cancella, la storia si studia. Per questo rivendico il diritto di leggere “Viaggio al termine della notte” anche se Celinè era un antisemita o i “Canti pisani” di Ezra Pound benché fosse un collaborazionista.
Non voglio che qualcuno cancelli con un tratto di penna l’opera architettonica di Piacentini perché di epoca fascista oppure si dica che Favorskij e la grafica sovietica non meritano la nostra attenzione giacché sono figlie di una dittatura.
A furia di cancellare resterà solo un foglio bianco che qualcuno, statene certi, riempirà di ideogrammi.