Interessate anche le varie aree della Francia, della Turchia e della Tunisia – sebbene da questi due ultimi paesi le informazioni siano frammentarie – fino alle porte del Mar Nero.
L’IUCN Unione Mondiale per la Conservazione della Natura ha fin dall’inizio avvertito i Paesi del bacino del Mediterraneo della gravità della “situazione d’emergenza” pandemica riguardante la Pinna nobilis, inserendo la specie nel novero di quelle definite “critically endangered”, praticamente in pericolo d’estinzione.
Da ciò sono iniziati – e ve ne sono tutt’ora in corso – diversi studi per proteggere la specie, come il monitoraggio degli individui sopravvissuti effettuato dai ricercatori spagnoli IEO nel Parque Nacional Marítimo Terrestre del Archipiélago de Cabrera.
Da noi il magazine scientifico “Radar” riporta nel giugno del 2021 una particolare attenzione in tal senso dedicata dall’ISMAR del CNR ai molti esemplari di nobilis presenti sulle “Tegnue” della laguna di Venezia, nell’auspicio che queste particolari conformazioni del fondale potessero costituire luoghi “santuario” per la specie, manifestando caratteristiche ambientali molto diverse da quelle costiere dove la strage s’era già consumata.
La speranza è stata – ed è – quella di rinvenire esemplari che per qualsiasi motivo si fossero mostrati refrattari all’infezione o ai suoi effetti dannosi e capire quali fattori avessero determinato una simile resistenza, per vedere se fossero in qualche modo riproducibili.
E in effetti oggi la notizia è che si hanno sempre più segnalazioni di “ricrescite” in giro (piccoli esemplari in tutto simili a giovani nacchere), anche se potrebbe essere un’altra la spiegazione, in quanto questi “giovani” sono rassomiglianti e talvolta confondibili alla sola vista anche con una specie imparentata con Pinna nobilis ma diversa, la Pinna rudis.
C’è infine una ulteriore possibilità che è quella di una ibridizzazione, cioè che i piccoli “nuovi” esemplari avvistati ormai un po’ ovunque – sebbene le nostre fonti assicurino che per quelli visti a Taranto (Mar Piccolo) e alle Tremiti (San Nicola) si tratti proprio di nobilis puri – siano in realtà non giovani di Pinna nobilis bensì ibridi della nobilis con la rudis: e in effetti non solo quello della ibridizzazione è un fenomeno noto in natura e più frequente a verificarsi di quanto si possa pensare ma soprattutto in questo caso è già stato dimostrato in un certo numero di campionamenti su cui sono state svolte indagini del corredo genetico.
Lo studio «Natural hybridization between pen shell species: Pinna rudis and the critically endangered Pinna nobilis may explain parasite resistance in P. nobilis», pubblicato su “Molecular Biology Reports” da Maite Vázquez-Luis, Elisabet Nebot-Colomer e Salud Deudero del Centro Oceanográfico de Baleares dell’Instituto Español de Oceanografía (IEO), e da Serge Planes ed Emilie Boissin del Centre de Recherches Insulaires et Observatoire de l’Environnement (CRIOBE) nel 2021 ha rivelato per primo l’ibridazione tra la Pinna nobilis, la nacchera, e la nacra de roca (Pinna rudis), appartenente allo stesso genere – scambiabile per una giovane Pinna nobilis – e resistente al parassita “killer” della nacchera.
Secondo la ricerca spagnola di cui sopra «L’analisi morfologica e genetica di questi individui ha permesso di identificare per la prima volta l’ibridazione di P. nobilis e P. rudis, cosa che potrebbe aiutare a comprendere l’immunità di alcuni individui al patogeno, poiché la nacra de roca è resistente al parassita e potrebbero esserlo anche gli ibridi».