L’eredità

Questo è un paese dalla memoria selettiva e spesso ingiusta. Rammentiamo solo quello che ci fa comodo, quello che è pruriginoso oppure solo quello che non fa a pugni con i nostri convincimenti. Il resto lo rimuoviamo.
Lo abbiamo fatto tanti anni fa, quando non si volle fare i conti con le ragioni della nascita e dell’adesione di massa al fascismo. L’abbiamo fatto per quasi settant’anni, quando ci siamo rifiutati di capire, «senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà», come ebbe a dire il Presidente Violante. L’abbiamo fatto trent’anni orsono, lanciando monetine contro i politici, gli stessi che il giorno prima venivano osannati. Non so se questo costume italico di rammentare solo quello che fa comodo modellerà anche la rappresentazione di Silvio Berlusconi, negandogli quell’elemento di novità che egli ha, nel bene o nel male, rappresentato.
A sinistra, quando nel 1994 il Cavaliere “scese in campo” pochi, quasi nessuno, avevano previsto lo tsunami che stava arrivando. “Non l’avevano visto arrivare”, accecati dalla convinzione che attraverso un giustizialismo spesso ingiusto, la vittoria nelle urne fosse assicurata. Non era e non poteva essere così. Perché questo, nel bene e nel male, non è un paese da rivoluzioni, non ne abbiamo mai fatte e mai ne faremo. Ciò detto, credo che con le difficoltà attuali del Presidente Berlusconi, al quale formuliamo i migliori auguri di pronta guarigione, venga fuori un tema, quello di chi erediterà la rappresentanza dei moderati. Perché questo non è un paese che ama gli estremismi. L’argomento è interessante ed intorno ad esso ruota un equilibrio instabile (anche a livello locale).

Credito fotografico: Il Riformista

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