“Quiete e Rinascita”, Vasari a Camaldoli. Sedici opere in mostra compresi i “mai visti” spostati dalla clausura

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16 capolavori di Giorgio Vasari, commissionati dal Monastero di Camaldoli e sempre rimasti là dove erano stati pensati dal grande artista, saranno in mostra grazie a “Quiete e Rinascita”, allestimento che fa parte di un progetto, diffuso in Casentino con iniziative fino a novembre 2024, promosso e realizzato dalla Comunità monastica di Camaldoli e da Mazzafirra APS con il patrocinio e il contributo della Regione Toscana e del Comune di Poppi.

Eccezionalmente saranno esposti anche i “mai visti”, in particolare “L’Orazione nell’orto” che proprio in questa occasione, per la prima volta in quasi quattro secoli e mezzo, lascerà la sua collocazione originale, nella cappella dell’Infermeria all’interno della clausura, per poter essere ammirata da un pubblico più ampio nella Biblioteca dell’Antica Farmacia. Un’occasione imperdibile per vederla da vicino.

Dalla giovanile “Madonna con Bambino e i santi Giovanni Battista e Girolamo” alla “Natività”, meglio nota come “La notte di Camaldoli”, dalla maestosa “Deposizione”, ai pannelli coi Santi Donato e Ilarino e Benedetto e Romualdo che una volta la incorniciavano e le dieci predelle custodite nel coro monastico, le tavole si susseguono a ricostruire un percorso di scoperta, anche in ambienti solitamente preclusi al pubblico, fino alla ricostruzione digitale in 3D dell’altar maggiore della chiesa, una “macchina” vasariana composta da tavole e 13 predelle.

All’inaugurazione, fissata per domenica 4 agosto alle 16 nella sala Landino del Monastero di Camaldoli intervengono il presidente della Regione Eugenio Giani, Dom Matteo Ferrari, Priore Generale dell’Ordine Camaldolese, Federico Lorenzoni, sindaco del Comune di Poppi, Lorenzo Basagni, consigliere del Comune di Poppi e i due curatori: Dom Ubaldo Cortoni, bibliotecario archivista e Michel Scipioni, storico dell’arte. A moderare sarà Gabriele Roggi.

Il progetto, legato al 450esimo anniversario della morte di Vasari, che morì nel 1574 (era nato ad Arezzo 1511), attraverso inedite scoperte documentarie, consente di far luce sull’attività del Vasari a Camaldoli e sull’impatto che ebbe sull’arte casentinese. Il corpus delle opere del Vasari e vasariane in Casentino non sono mai stati oggetto di studio.

A sostegno scientifico del progetto un volume, curato da Dom Ubaldo Cortoni, Michel Scipioni e numerosi studiosi ed esperti, dedicato alla prima attività dell’artista aretino e ai suoi allievi e collaboratori in Casentino. Mentre il percorso diffuso consente ai visitatori, seguendo anche una cartina scaricabile online, di scoprire numerose opere d’arte disseminate nel territorio casentinese. I risultati delle ricerche saranno presentanti in una serie di conferenze tenute presso il Salone delle Feste del Castello di Poppi.

Vasari e Camaldoli - Quando Vasari cominciò a frequentare Camaldoli, nel 1537, si trovava in una situazione esistenziale difficile, se non addirittura fallimentare. Era un giovane pittore promettente ma non aveva più ‘santi in paradiso’. I suoi protettori, il cardinale Ippolito de’ Medici e il duca Alessandro, erano morti a breve distanza l’uno dall’altro e Vasari cercava disperatamente lavoro per mantenere la sua numerosa famiglia.

Approda a Camaldoli tramite l’intercessione del suo antico maestro di lettere, Giovanni Pollio detto il Pollastra. I monaci commissionano subito al pittore la prima di una lunga serie di opere. Rinfrancato dal contatto con la natura, dove respirava la «perfezione che si cava dalla quiete» - e da qui il titolo della mostra e del catalogo - Vasari ritrova la serenità perduta e da quel momento in avanti la sua carriera prende il volo.

Ma anche la chiesa del Monastero di Camaldoli fu beneficata dall’incontro con Vasari. La Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e Girolamo e la Natività andarono ad ornare gli altari addossati al tramezzo, che affrescò poco dopo. Più tardi, con l’aiuto del cugino Stefano Veltroni, decorò la zona presbiteriale, che aveva come punto focale una maestosa macchina sopra l’altare maggiore, costituita dalla pala della Deposizione, da due pannelli laterali e da una complessa predella con episodi inerenti il Santissimo Sacramento. Il rapporto del pittore aretino con la comunità monastica non venne meno col trascorrere del tempo. Infatti, quando era ormai vicino alla vecchiaia, tornò a Camaldoli dove, nel 1571, realizzò l’Orazione nell’Orto e infine, nel 1572, per la chiesa dell’Eremo la pala dell’altar maggiore, purtroppo andata distrutta in un incendio nel 1693.

Itinerario nel Casentino - L’itinerario vasariano, con opere di allievi o in stretta tangenza artistica o cronologica con l’artista aretino, tramite una cartina scaricabile gratuitamente dal web, permette di seguire le tracce delle opere “vasariane” disseminate in vari luoghi, sacri e non, casentinesi.

Il catalogo - Si apre con il saggio di Francesco Traversi, che offre una rilettura delle emergenze artistiche del Casentino dal Medioevo al Rinascimento attraverso le parole del Vasari storiografo, quasi ripercorrendo i passi, le esperienze e le impressioni che il pittore dovette trarre frequentando la vallata in occasione dei suoi frequenti soggiorni a Camaldoli. Segue il contributo di Michel Scipioni che offre un’attenta disamina di documenti inediti, rintracciati grazie ad una accurata ricerca (in collaborazione con Giulia Siemoni) presso l’Archivio di Camaldoli e l’Archivio di Stato di Firenze. Alessandro Grassi propone un’ipotesi ricostruttiva dell’assetto originario dell’altare maggiore della chiesa del Monastero, ornato da una maestosa “macchina” vasariana composta dalle tavole dipinte e da una perduta cornice lignea di Giuliano di Baccio d’Agnolo. Il contributo di Filippo Gheri è dedicato all’Orazione nell’orto, rimasta sin dal 1571 - anno dell’esecuzione - nella sua collocazione originaria, ovvero l’altare della cappella in uso all’Infermeria dell’Archicenobio.

Dom Ubaldo Cortoni è autore di due saggi, uno riguardante l’Infermeria di Camaldoli e l’altro incentrato sulla figura del camaldolese Silvano Razzi e sul suo rapporto con Vasari.

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