Martina Rossi, ribaltone: assolti i due imputati. Il babbo: “La giustizia non c’è più”
Capovolto quindi il verdetto di primo grado, con cui il Tribunale di Arezzo aveva condannato i due aretini a 6 anni di carcere ciascuno per morte come conseguenza di altro reato e tentata violenza sessuale di gruppo. Mentre la prima delle due fattispecie di reato era già caduta in prescrizione lo scorso novembre, il giudice fiorentino ha dovuto pronunciarsi sull’accusa a Vanneschi e Albertoni di aver cercato di stuprare Martina Rossi.
Il 3 agosto 2011 la 20enne genovese perse la vita dopo un volo nel vuoto da una terrazza al sesto piano dell’hotel di Palma di Mallorca, in Spagna, dove soggiornava in vacanza. Stando all’accusa, Martina avrebbe perso l’equilibrio mentre cercava di sottrarsi, passando dai balconi della struttura alberghiera, a un tentativo di violenza sessuale da parte dei ragazzi aretini. Una dinamica contestata fin dall’inizio dalla difesa, che ha sostenuto invece la tesi del suicidio di Martina, provocato o da una forma di depressione o, involontariamente, per incidente.
La sentenza di secondo grado però ha preso le distanze dalla precedente decisione. Se la pg Luciana Singlitico aveva chiesto una conferma della pronuncia del tribunale aretino (3 anni di reclusione), il giudizio di appello ha assolto entrambi gli imputati.
“Sono arrabbiato”, ha dichiarato Bruno Rossi, il padre della 20enne dopo aver ascoltato dal vivo insieme alla moglie e madre della giovane la lettura del verdetto. “L’assoluzione perché il fatto non sussiste vuol dire infangare l’onore di Martina, vuol dire sostenere che è volata giù da sola. Martina non c’è più e non c’è più neanche la giustizia, non so cosa pensare. La giustizia italiana si è interrotta sul lavoro fatto in precedenza. Cosa farò domani? Terrò stretta mia moglie”.
“Dopo nove anni in cui sono stati additati come assassini e stupratori, finalmente a questi due ragazzi viene riconosciuta la loro innocenza”: questo il commento a caldo dei legali di Vanneschi e Albertoni, gli avvocati Stefano Buricchi e Tiberio Baroni.