Fredy, ancora attesa: il Giudice si riserva la decisione. Cheli: “Nostra difesa sempre lineare”
Ancora attesa per Fredy Pacini, che nella notte del 28 novembre 2018, in via della Costituzione, nella zona industriale di Monte San Savino, utilizzò una pistola regolarmente detenuta per fermare i malviventi che, a colpi di mazza, avevano sfondato la vetrina della sua azienda di gommista e vendita biciclette, già oggetto in passato di altre scorrerie. Uno dei ladri, il moldavo Mircea Vitalie Tonjoc, 29 anni, fu colpito mortalmente da uno dei colpi esplosi dal Pacini.
Il 13 maggio 2019 il pm Andrea Claudiani aveva chiesto l’archiviazione per Pacini, ma la sorella del moldavo ha nel frattempo presentato una memoria con richiesta di ulteriori valutazioni sul caso. Il giudice Fabio Lombardo, nel corso dell’udienza di stamani, dopo aver ascoltato il legale della parte offesa, il bolognese Alessandro Cristofori e l’avvocato difensore di Pacini, Alessandra Cheli, ha rinviato la sentenza: ora ha 90 giorni di tempo per decidere se archiviare, disporre ulteriori indagini o chiedere al pm di formulare “imputazione (questa è la terza ipotesi, definita imputazione coatta). In soldoni, il gommista in questa ipotesi andrebbe a processo. Per il pm Andrea Claudiani fu “legittima difesa putativa”, mentre l’avvocato della famiglia di Mircea Vitalie Tonjoc, ha sollevato una serie di punti in base ai quali a suo avviso la condotta di Pacini fu esagerata rispetto alla reale minaccia. Su ogni punto ha replicato l’avvocato Alessandra Cheli, evidenziando in particolare che il tentativo dei ladri proseguiva, nonostante l’intimazione a fermarsi fatta dal Pacini.
Avvocato, come mai definisce contraddittorio il percorso della parte offesa?
Cheli: “Premetto che non voglio esprimere giudizi, mi attengo a dati di fatto”
Quali sono questi dati di fatto?
Cheli: “Una volta chiuse le indagini preliminari, la sorella del moldavo ha depositato una memoria in cui chiedeva integrazioni alle indagini stesse, sottolineando la loro contraddittorietà e incongruenza. In sostanza una memoria che non aveva la forma dell’opposizione rituale alla richiesta di archiviazione, ma la sostanza lo era. Stamani, in modo assolutamente contraddittorio, ha invece affermato che tutto è chiaro e che vi è stato eccesso colposo di legittima difesa. In sostanza non ha chiesto l’integrazione delle indagini, ma che il gip proceda con l’imputazione coatta”.
Cosa è cambiato nel frattempo?
Cheli: “Appunto, nulla. Il gip, come sappiamo, può decidere in tre modi: archiviare il caso, disporre ulteriori indagini o l’imputazione coatta. È proprio per questo che dico: se hai chiesto ulteriori indagini sostenendo che lo stesso esame autoptico era contraddittorio, così come la balistica, cosa è cambiato che oggi invece non sono più necessarie tali indagini, ma chiedi l’imputazione coatta? Nulla è cambiato, gli atti sono questi da sempre. Poi mi lasci aggiungere”.
Prego
Cheli: “La nostra difesa è sempre stata lineare, dal primo istante, dall’altra parte per niente. Prima dicono che le indagini sono incongruenti, che devono essere integrate, che non sono chiare. Poi oggi si richiede colpevolezza sulla base delle stesse indagini che a loro dire non andavano bene”.
All’uscita dal tribunale, Fredy Pacini, ancora provato, ha dichiarato che da quella notte la sua vita è completamente cambiata: “Sono rimasto congelato quando, nei giorni della quarantena, un cliente vestito di nero con il cappuccio e la mascherina, è entrato nella mia ditta, sostando nello stesso punto dove quella notte si trovava il moldavo. Gli ho chiesto di togliersi almeno il cappuccio“. Ancora attesa per il savinese.