Processo alla quantità della cura: Walter in tribunale per la battaglia sulla “libertà terapeutica” Ar24Tv
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Walter De Benedetto, 49 anni, soffre di artrite reumautoide, una malattia rara altamente invalidante che causa forti e costanti dolori. Ora rischia il carcere per avere prodotto cannabis terapeutica che gli viene prescritta nella serra a Ripa di Olmo. Walter, stamani affiancato da familiari, sostenitori, i legali e dai parlamentari Michele Sodano, ex Movimento 5 stelle e Riccardo Magi di Piu’ Europa, aveva anche scritto un appello al presidente del Consiglio e ai ministri della salute e della difesa per chiedere un incremento della produzione di prodotti a base di cannabis e perché si arrivi alla legalizzazione della pianta per tutti i fini. A ottobre 2019, a seguito di un blitz dei Carabinieri, vennero trovate piante di cannabis all’interno di un annesso adiacente all’abitazione di De Benedetto, in località Ripa di Olmo di Arezzo, da cui discende l’accusa di coltivazione di stupefacenti. “Ne ho bisogno per alleviare il dolore dato dalla malattia”, aveva spiegato Walter, ma la vicenda è proseguita. Sulla questione la Corte di Cassazione aveva stabilito che coltivare marijuana in casa in piccole quantità e per uso personale non costituisce reato. La sentenza era stata emessa il 19 dicembre 2019 dalle sezioni unite penali, in riferimento a un ricorso presentato a ottobre, ma ciò non significa che sia cambiata la legge, né che tutte le sentenze di grado inferiore saranno necessariamente analoghe, ma è comunque importante per il trattamento giuridico dei casi simili in Italia. Un via libera sottoposto però a molte condizioni: l’unico utilizzatore del prodotto fatto in casa può essere solo la persona che materialmente si dedica alla cura delle piante e non è ammessa la destinazione anche ad eventuali componenti del nucleo familiare, o il consumo di gruppo. Le piante devono essere coltivate solo con “tecniche rudimentali” per cui non è chiaro se già la presenza di un impianto di irrigazione potrebbe far sorgere il sospetto che lo scopo sia lo spaccio, per non parlare del possesso di eventuali bilancini o strumenti di precisione per pesare in grammi. Mancano riferimenti alla quantità di Thc contenuta nella pianta. Per la cannabis “legale” la norma prevede un tetto dello 0,6% contro il 5-8% di quella “illegale” ma anche di quella coltivata dallo Stato per scopi terapeutici. Per la Cassazione, invece, chi la coltiva in casa per uso personale non è perseguibile, a prescindere dal livello di Thc. Insomma, questione dosi non del tutto chiarita, così la battaglia prosegue in Tribunale: De Benedetto rischia la condanna per i 19 chili trovati a Ripa di Olmo, prodotta “perchè – dice la madre – la quantità che la Asl gli passa non è sufficiente“. “Una battaglia di civiltà“, dichiara il suo legale, che ha annunciato il ricorso al rito abbreviato, che prevede, in caso di condanna, la riduzione di un terzo della pena, che passerebbe da 6 a 3 anni. Lo deciderà il gup Fabio Lombardo del Tribunale di Arezzo.
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