Il filone aretino dell’inchiesta che fa tremare la Toscana. Creazzo: “Vivono qui da 20 anni, è un sistema” Audio
‘Ndrangheta, scarti conciari per l’edilizia, indagati politici, dirigenti e imprenditori
L’operazione Keu della Dda di Firenze mette in luce un sistema criminale per la gestione dei rifiuti del comparto conciario. Keu è infatti il nome dell’inerte finale che rimane dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti della concia delle pelli. In totale 23 arresti e decine di indagati a vario titolo, 60 perquisizioni nelle province di Firenze, Pisa, Arezzo, Crotone, Terni e Perugia, sequestri pari a 20 milioni di euro. In Toscana una persona è finita in carcere, 5 ai domiciliari, interdette 7 persone dall’attività imprenditoriale, e 19 le persone indagate, fra cui esponenti politici e dirigenti di enti pubblici: tra questi figurano il capo di gabinetto della presidenza della Regione Toscana, Ledo Gori (corruzione), il sindaco di Santa Croce sull’Arno Giulia Deidda (abuso d’ufficio), il consigliere regionale Andrea Pieroni (corruzione), il dirigente della Direzione Ambiente Edo Bernini (abuso d’ufficio). Le operazioni partivano da maggio 2018 e riguardano il distretto conciario di Santa Croce: alcuni vertici dell’Associazione Conciatori – anch’essi indagati – sarebbero al centro delle decisioni di tutto l’apparato osservato delle indagini e ruotante intorno allo smaltimento illecito degli scarti della concia. “Quello che si è venuto a creare negli anni è un vero e proprio sistema” ha spiegato il procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo. {audionews src=”wp-content/uploads/media/audio/news/2021/04/1618648428_d2bcf89286d3dc4d242cecc09f5b7972.mp3″ cover=”” title=”Giuseppe Creazzo, procuratore capo di Firenze”}
Il filone aretino
Le ordinanze di custodia cautelare hanno riguardato anche la “Lerose srl” di Levane: in carcere è finito l’amministratore unico Francesco Lerose, 58 anni, residente a Pergine Valdarno, ai domiciliari la moglie Anna Maria, 48anni e il figlio Manuel di 27 anni, gestore dell’impianto di riciclaggio di inerti di Levane, ritenuti “a disposizione” del clan Grande Aracri di Cutro. A proposito dell’impianto di Levane, nel territorio del comune di Bucine: per gli inquirenti “16.308 metri quadrati dove sono state depositati 9.337 tonnellate di rifiuti di cui 2930 pericolosi“. Tra i progetti dei Lerose, l’interramento in quel sito di stoccaggio, dei rifiuti provenienti dalla Chimet di Badia al Pino, (anche in questo caso completamente estranea alle indagini). Ma cosa sia accaduto a Levane lo scrive nelle ordinanze il gip del tribunale di Firenze Antonella Zatini: un vero e proprio “traffico organizzato di rifiuti presso l’impianto Lerose: la produzione degli aggregati e la abusiva declassificazione in materia prima seconda di materiali che conservano le caratteristiche del rifiuto e che vengono accumulati nei terreni limitrofi all’impianto in ingenti quantità con formazione di una discarica abusiva; traffico organizzato di rifiuti dei titolari dell’impianto Lerose con spandimento diretto in ambiente dell’aggregato riciclato non legato contaminato, abusivamente classificato materia prima seconda, in siti per recuperi ambientali e rilevati e in terreni agricoli. Con condotte abusive, consistite nel porre in essere un’attività di gestione di rifiuti difformi rispetto a quelli per cui l’impianto era autorizzato, ovvero senza alcuna autorizzazione allo smaltimento e senza una regolare procedura di autorizzazione al recupero ed in particolare ponendo in essere una continuativa attività di miscelazione abusiva di rifiuti industriali non pericolosi con altri rifiuti pericolosi per occultarne l’origine, anche in considerazione del fatto che l’impianto non era autorizzato a riceverli, e nell’ammassarli nell’impianto in grossi cumuli, dai quali i mezzi di trasporto li caricavano per poi trasferirli nel terreno agricolo adiacente come se fosse materiale inerte riciclato privo di alcuna contaminazione e idoneo a modellamenti morfologici o miglioramenti fondiari, mentre invece presentavano natura inquinante e rientravano in numerose classi di pericolosità”.
Altro soggetto coinvolto, Antonio Chiefari, vicino alla cosca calabrese Gallace Novella, che avrebbe avvicinato, in bar e autogrill, senza mai parlare al telefono, un dipendente del Genio Civile della Regione Toscana con sede ad Arezzo in via Arrigo Testa, 2, dietro la sede del Palazzo del Governo, “per l’affidamento di commesse pubbliche“. Nel 2019 verranno effettivamente assegnati a Chiefari lavori di “somma urgenza” a Spoiano e a Civitella in Valdichiana, ma il tutto non sarebbe «corroborato da indizi gravi». La contropartita sarebbero stati sconti su viaggi per il funzionario del Genio Civile.
Il Consorzio Valdarno
Da precisare che negli atti è citato il “Consorzio Valdarno”, ma pare di dover escludere il coinvolgimento del Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno.
‘Ndrangheta: Viola Park era tra obiettivi ditta vicina cosca
La ‘Ndrangheta avrebbe cercato di mettere le mani sui lavori per la realizzazione del centro sportivo della Fiorentina a Bagno a Ripoli (Firenze). E’ quanto emerge dall’indagine dei carabinieri del Ros per associazione a delinquere finalizzata all’estorsione, che ieri ha portato a cinque arresti nell’ambito di una più vasta operazione contro la criminalità organizzata in Toscana. In base alle indagini l’azienda Cantini Marino srl di Graziano Cantini, con sedi a Vicchio del Mugello e Firenze, considerata direttamente controllata dalla cosca Gallace di Guardavalle attraverso le figure di Domenico Vitale e Nicola Chiefari, avrebbe progettato di estromettere dal cantiere del Viola Park la società Nigro srl, dell’imprenditore Giovanni Nigro che sta costruendo il centro. In una conversazione intercettata, il responsabile commerciale della Cantini srl, Nicola Verdiglione, illustra le sue intenzioni a Cantini. “L’intenzione di Verdiglione, – si legge nell’ordinanza – è quella di approcciare Nigro facendosi latore del ‘marchio Guardavalle’, ben sapendo che le origini calabresi dell’imprenditore lo rendano particolarmente sensibile alle dinamiche legate all’azione delle cosche”. Prima di muoversi Verdiglione chiede il consenso a Cantini, che dà il suo benestare: “Ditemi…. Io gli vado e gli riferisco”.