Teatro Verdi di Monte San Savino, gran chiusura con “Canovaccio per Clown”
Il palco si dividerà tra recitazione e musica. Lo spettacolo infatti è frutto del lavoro a quattro mani di due associazioni locali, l’Accademia dei Semplici e il Coro Voceincanto. Tecnicamente, il canovaccio è un copione solo abbozzato che lascia agli attori un certo margine di libertà per decidere cosa fare o dire nelle singole scene, purché la trama generale dell’opera venga rispettata. Vari generi di pagliacci condivideranno l’attenzione degli spettatori. Il clown triste, il bianco, l’augusto e altri personaggi buffoneschi saranno il motore di un dibattito teatrale a metà strada tra il serio e il faceto. Nella rappresentazione si inseriranno anche i ragazzi di Voceincanto, giovani interpreti di canzoni originali, scritte appositamente per l’occasione nel testo e nelle melodie.
Praticamente tutta l’impalcatura di Canovaccio per Clown si regge sulla fantasia di Massimiliano Caldaro, che per questo spettacolo riveste il triplice ruolo di regista, drammaturgo e autore musicale.
Bianca: Quanto c’è di davvero improvvisato in questo Canovaccio?
Massimiliano Caldaro: Esistono alcuni spazi di improvvisazione, ma il significato del titolo si trova nella trama stessa. Il clown Pierrot è innamorato della luna – inafferrabile – e di Colombina, la compagna di Arlecchino nella Commedia dell’Arte. Due amori impossibili che lo rendono triste. Allora un gruppo di improbabili clown decide di mettere in piedi un canovaccio per alleggerire il cuore di Pierrot, rifacendosi grossomodo alla scena dei commedianti nel Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare. Ma lo spettacolo non si farà mai. Una bambina, vestita anche lei da Pierrot, ferma una riflessione importante sulle passioni di Pierrot: un paragone fra il mondo degli adulti e quello dei bambini, sulle loro visioni diverse dell’amore. Un motivo in più per definirlo canovaccio è che il finale resta qualcosa di incompiuto e irrisolto. Per questo il trucco copre solo metà del volto degli attori.
Bianca: Come mai l’Accademia dei Semplici e l’associazione Voceincanto sono l’abbinamento vincente secondo lei?
Massimiliano Caldaro: Siamo alla seconda collaborazione con loro, in questo caso avremo con noi 5 cantori diretti dal Maestro Gianna Ghiori. Si tratta di canzoni leggere ma non superficiali, che rappresentano il fiore all’occhiello dell’evento. La giovane età dei cantanti ha un suo perché, insomma. I brani contengono passaggi allegri, altri romantici, e sono musicati dal Maestro Rossano Tacconi. In questa specie di fiaba transitano figure chiave del teatro buffo.
Bianca: Quali doti servono per essere un buon clown?
Massimiliano Caldaro: Come tutti i personaggi che si possono interpretare su un palcoscenico, anche i clown appartengono alle nostre mappature emotive e interiori. Ognuno di noi dentro di sé ha il suo pagliaccio. Per tirarlo fuori basta lavorarci su. Questa parola, “clown”, serve per passare attraverso a una serie di figure comiche, dai pagliacci classici alle maschere della Commedia dell’Arte.