Sanità, Federconsumatori scrive alla Regione

“Gentile Presidente, Gentili Assessori,
            ci rivolgiamo a voi nella consapevolezza che il sistema sanitario toscano risente ancora della pandemia da Covid 19 e delle conseguenti difficoltà a dare risposte ai cittadini. La pandemia ha messo a nudo le fragilità di un sistema sanitario pubblico indebolito nel corso degli anni per la continua sottrazione di risorse.

            Nel nostro paese stanno arrivando i fondi del PNRR. Ci viene e Vi viene data un’enorme opportunità: ridisegnare un modello sanitario e socio-sanitario pubblico, attrattivo, innovativo e che investa massicciamente su risorse umane e infrastrutture. Non è un compito facile, ma allo stesso tempo siete le figure istituzionali che hanno l’onere di ridisegnare/riorganizzare la Sanità regionale, settore questo che connota un moderno welfare pubblico che incide nella futura vita dei cittadini.

            Ci rivolgiamo a voi perché coltiviamo una speranza: che finalmente si valorizzi un modello pubblico di gestione della sanità e del socio-sanitario, perché la salute non può essere business e non può essere delegata al privato. Nemmeno a quello convenzionato.

            Il governo della sanità presuppone una capacità di programmazione, di investimento e di gestione che solo un sistema pubblico può garantire.

            Per i cittadini la salute riveste valore assoluto, e, con l’arrivo della  pandemia hanno vissuto sulla loro pelle l’inadeguatezza di un sistema che ha via via sempre più delegato al privato, ancorché convenzionato, la gestione della sanità.

Veniamo da anni di tagli al sistema sanitario pubblico; tagli che non hanno permesso di sostituire il turn over del personale, che hanno depauperato il sistema ospedaliero/specialistico, il territorio e le risposte territoriali, per ovviare i quali, si sono “inventate” strategie inefficaci (limitazione delle assunzioni infermieristiche a favore di altri operatori sanitari, raggruppamenti territoriali disomogenei ed elefantiaci, etc.) che ora mostrano tutte le loro fragilità;

Coltiviamo la speranza che si smetta con le privatizzazioni mascherate  da “sinergie” e da false “valorizzazioni” del terzo settore. Le Imprese Sociali, che pur fanno parte del Terzo settore, son ben altra cosa delle Associazioni di volontariato che svolgono un’attività meritoria. Troppo spesso in queste imprese si sono celati rapporti di lavoro precari, sfruttamento delle persone, poca qualificazione, e, in alcuni casi, prestazioni di servizio insufficienti. Si investa in assunzioni di personale pubblico, si attinga invece alle graduatorie dei concorsi.

Coltiviamo la speranza che i servizi sia ospedalieri che territoriali abbiano finalmente risorse di personale tali da sostituire i turn over, da dare risposte qualificate ai cittadini e condizioni di lavoro dignitose e sostenibili per i sanitari. Nella sanità e nel socio sanitario non esistono pazienti e lavoratori di serie A e di serie B. Perché non è concepibile che servizi essenziali (cura dei disabili, malati cronici, malati psichiatrici, solo per fare alcuni esempi) siano demandati a lavoratori poco formati, sotto dimensionati e sotto pagati. Le economie gestionali non possono essere fatte sulla pelle dei cittadini e dei lavoratori: il terzo settore (le Imprese Sociali) alle quali si è ricorso e si ricorre sempre più frequentemente, non possono essere la coperta o la “toppa” per coprire anni di tagli e di depauperamento di un patrimonio pubblico.

Accorciare le liste di attesa riducendo da 30 a 20 minuti la durata delle visite, non ci sembra né la scelta giusta né una scelta strategica; piuttosto ci sembra il modo per facilitare il ricorso agli studi privati o all’intramoenia visto che in 20 minuti non è possibile, oltre alla raccolta dei dati anagrafici e ad un minimo di anamnesi del paziente, nessun tipo di visita specialistica. Se si investono in termini strategici risorse in servizi pubblici, non serve allargare le convenzioni con il privato. Se si continua a demandare al privato si corre il rischio di indebolire sempre più il sistema pubblico, di renderlo meno attrattivo facilitando così il suo graduale svuotamento di risorse, di mezzi e di contenuti sanitari.

L’assistenza domiciliare va completamente riformata perché ad oggi, non esiste di fatto alcuna assistenza domiciliare. I medici di base non fanno più visite a domicilio, gli infermieri territoriali sono sottodimensionati, la telemedicina è ancora un progetto. In questo scenario l’assistenza e cura dei nostri anziani, dei disabili, dei malati cronici NON DEVE RICADERE SOLO SULLE SPALLE DELLE DONNE. Per certi tipi di malattie e disabilità la risposta domiciliare non è l’ optimum.

Alcune cronicità, alcune disabilità richiedono un impegno di cura e dei costi economici, sociali e sanitari che sono totalizzanti e non possono essere sopportati solo dalle famiglie e nello specifico dalle donne.  Il grande ricorso a misure domiciliari nasce dalla nostra cultura dell’accudimento familiare ma troppo spesso è una scelta obbligata poiché non esistono alternative in quanto i posti letto residenziali sono gravemente carenti.

E’ mistificatorio parlare di emancipazione lavorativa ed economica delle donne se non si rimuovono tutti gli ostacoli che la impediscono: per una donna, una madre, una figlia è difficile emanciparsi e contribuire economicamente alla propria famiglia se non si creano strutture pubbliche a supporto, centri diurni, asili, rsa, servizi di qualità pubblici economicamente accessibili.

I Sogni celano utopie. A noi piace essere un po’ utopici: vorremmo un sistema sanitario e socio-sanitario pubblico con forti investimenti in strutture e in risorse umane, con servizi territoriali di prossimità efficienti e di qualità, con forti politiche pubbliche di supporto alle famiglie nella cura dei propri cari, con la valorizzazione e specializzazione del sistema sanitario e ospedaliero pubblico, ramificato nel territorio e che partendo dalla Aziende Ospedaliere Universitarie e dagli Ospedali di primo livello, faccia poi pernio su quelli di prossimità, sulle residenze sanitarie protette, sulle case della salute e su una riorganizzata assistenza domiciliare.

Avete quindi un compito importante. Fare le scelte giuste guardando al futuro, alla programmazione di lungo periodo: le risorse del PNRR danno questa opportunità. Non percorriamo ancora la strada di soluzioni tampone ma piuttosto un percorso strategico che sappia ridisegnare il sistema sanitario toscano del futuro. Nel nostro territorio abbiamo necessità di investire e liberare risorse umane e professionali per uscire dalla crisi e dare risposte ai cittadini. Non perdiamo questa opportunità”.

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