Noi aretini chi siamo? Quelli operosi della Giostra o quelli del resto dell’anno? L’amletico mondiale di Francesco Caremani
Un risultato che soli alcuni anni fa sembrava improbabile, non per questo irraggiungibile, anche per questo straordinario.
Divertendomi a trasporre la forza e un po’ anche i colori della Giostra nel calcio, il quartiere biancoverde lo accosterei alla Germania, che combina esperienza e gioventù e che se vincesse questa Coppa del Mondo raggiungerebbe il Brasile a quota cinque.
Porta Crucifera per storia, tradizione e vittorie non può che essere la Seleçao del Saracino, mentre Porta Santo Spirito che insegue è la nostra Italia, tutti ci aspettavamo molto dalla coppia Cicerchia-Scortecci e continueremo a farlo.
Porta del Foro sembra l’Inghilterra, fa parte a pieno titolo del consesso, ha vinto in passato, ma sembra avere dimenticato come si fa.
Nato in via Masaccio, nelle case popolari, sono andato (pochissimo) all’asilo dalle suore in via Fabio Filzi e ne serbo un pessimo ricordo.
Partorito all’ex brefotrofio, sono andato via troppo presto per imparare le regole della strada, ma i colori gialloblù sono rimasti lì, nelle pieghe dell’anima, fino all’età della ragione.
In un Paese dove pochi dichiarano il partito per il quale votano, meno che meno il proprio benessere, reminiscenza delle radici contadine, l’unica cosa che possiamo sfoggiare e che più di tante altre esprime un profondo senso di appartenenza sono i colori del quartiere, chi per nascita, chi per tifo, chi per simpatia.
Per questo nutro amore e rispetto per tutti quei giovani aretini che nelle settimane della Giostra impiegano il proprio tempo per accendere i rispettivi quartieri, sono la linfa di questa città, con i loro evitabili eccessi, ma hanno le idee chiare su chi sono e cosa vogliono, mettendo Arezzo al centro del villaggio.
Perché snobbare la provincia e le sue tradizioni è un atteggiamento… provinciale.
E proprio la Giostra del Saracino ha più volte azzerato le distanze tra la Russia e Arezzo.
Soprattutto con gli Sbandieratori, il gruppo che da giovane ginnasta della Petrarca (non si direbbe, vero?!) mi affascinava di più e un sogno dal quale un infortunio al menisco a soli undici anni, giocando a calcio in spiaggia contro ragazzi più grandi di me, mi ha allontanato per sempre.
In questi giorni, invece, i russi si sono riavvicinati alla propria Nazionale, quella con il ranking peggiore che abbia mai ospitato una Coppa del Mondo.
Pochi avevano fiducia in questa squadra, ma dopo le prime vittorie, seppure contro Arabia Saudita ed Egitto, le scommesse su una probabile vittoria sono aumentate, prima dell’inizio della manifestazione iridata era quotata a 75 adesso a 45.
Chissà se dopo la sconfitta contro l’Uruguay ci avranno ripensato e si berranno quei soldi piuttosto che scommetterli.
Parafrasando, è come se leggendo Lev Tolstoj qualcuno ci avesse preso improvvisamente di mano «Guerra e pace» per farci leggere il «Discorso della montagna» e la sua etica della non violenza.
Ma allora, qual è la Russia vera? Quella che ha sbattuto i sauditi o quella che si è fatta sbattere dagli uruguaiani?
E noi aretini chi siamo?
Quelli operosi della Giostra o quelli del «m’importa na sega» del resto dell’anno?
Da Arezzo è tutto, linea a Mosca.
- continua
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