Arezzo, via Funghini, immagini dalle case popolari: i segni dell’abbandono
Immagini delle case popolari di Arezzo in via Funghini. Si può vedere come sono rimasti i lavori incompiuti iniziati da due anni e come scarichi l’acqua piovana dalle terrazze. Si potrebbero aggiungere almeno una decina di situazioni di umidità all’interno di abitazioni dove vivono anche bambini piccoli.
Ormai è assodato che la scelta sia di non investire più sulla casa e di annullare il patrimonio pubblico edilizio esistente. Il Presidente dell’ente gestore, intervenendo nella Commissione per il disagio abitativo della nostra provincia, ha dichiarato che, senza un cambio di passo, tra 5 anni le case popolari non esisteranno più. Non a caso Sunia, nella stessa occasione, ha proposto una iniziativa che ponesse in evidenza l’esigenza di una seria politica della casa. Questione che dovrebbe unire istituzioni locali, organizzazioni di piccoli proprietari, affittuari, assegnatari di case popolari.
L’idea, non certo rivoluzionaria, era ed è ancora, che un documento rivolto alle istituzioni superiori (Stato e Regione) e firmato congiuntamente avrebbe avuto un peso ben maggiore. La proposta non è stata accolta dalla presidenza della Commissione.
Ma via Funghini non è l’unico immobile bisognoso di interventi consistenti per rendere gli alloggi vivibili. Forse sarebbe utile un censimento di abitazioni disagiate. È interessante capire come la catena riesca a funzionare senza avere responsabili. Lo Stato dovrebbe avere un piano e finanziarlo, ma non ce l’ha dall’epoca del piano Fanfani. Anzi taglia i già scarsi finanziamenti. La Regione, che legifera sull’argomento definendo la struttura delle case popolari, dovrebbe contribuire ai finanziamenti ma chiede finanziamenti al Governo. I Comuni, che sono proprietari degli immobili, non hanno soldi ma per liberarsi delle responsabilità, hanno delegato ad una SPA di cui sono soci tutta la gestione, compresa la manutenzione straordinaria da finanziare con i ricavati degli affitti. L’ente gestore riscuote sempre meno da affitti e la manutenzione è sempre più onerosa perché gli immobili sono vecchi. Quindi non può fare i lavori necessari. Si è creata una tempesta perfetta nella quale non ci sono responsabili mentre con il 110% si è finanziato chi una casa l’aveva con l’aggiunta del 10% per il disturbo. Ma il rilancio del settore edile poteva essere effettuato anche risanando il pubblico.