4 novembre, le celebrazioni a San Giovanni Valdarno
Il 4 novembre 1918 entrava in vigore l’armistizio firmato a villa Giusti (Padova) dal generale Armando Diaz, comandante delle Forze armate italiane e il rappresentante dell’Impero austro-ungarico. Finiva così la prima guerra mondiale. L’Italia aveva impiegato più di 4 milioni di soldati di cui 250.000 giovani appena diciottenni. Il bilancio fu di 600.000 morti, 1.500.000 di feriti e circa 400.000 civili che avevano dovuto lasciare le loro case sulla linea del fronte. Il 4 novembre diventò così il giorno della commemorazione, della riconoscenza, della solidarietà.
Anche San Giovanni Valdarno, giovedì 4 novembre, celebra la festa dell’Unità nazionale e della giornata delle forze armate. Quest’anno ricorre inoltre il centenario della traslazione della salma del Milite Ignoto da Aquileia all’altare della Patria di Roma dove venne tumulato il 4 novembre 1921.
La manifestazione inizierà alle 8,30 con la celebrazione della Santa messa nella chiesa di San Lorenzo in piazza Masaccio. Alle ore 9,45 la delegazione si sposterà al cimitero comunale per deporre una corona d’alloro al sacrario dei caduti. Seguirà, alle ore 10,15, la deposizione di una corona al monumento ai caduti presso Lungarno Don Minzoni.
Parteciperanno alla cerimonia il sindaco di San Giovanni Valdarno Valentina Vadi, il presidente del consiglio comunale Mauro Tempesta, la compagnia Carabinieri di San Giovanni Valdarno, la Guardia di Finanza di San Giovanni Valdarno, l’Anpi associazione nazionale partigiani d’Italia, l’associazione nazionale Bersaglieri sezione San Giovanni Valdarno, l’associazione nazionale Carabinieri sezione San Giovanni Valdarno, l’associazione nazionale Finanzieri sezione San Giovanni Valdarno e l’associazione nazionale Mutilati e invalidi di guerra sezione San Giovanni Valdarno.
“Ognuno di noi, nella vita quotidiana – dichiara il sindaco Valentina Vadi – può fare molto per concorrere e mantenere la pace: abbiamo noi tutti il dovere morale di difendere e tutelare le istituzioni democratiche, di raccontare e di non disperdere la memoria di quanto di feroce è accaduto nel nostro paese e in Europa oltre settanta anni fa, di rendere le giovani generazioni coscienti e consapevoli dell’orrore prodotto dalla guerra, dall’odio razziale e religioso, dalla prepotenza e dalla violenza, mantenendo un’attenzione vigile rispetto a quel periodo oscuro del nostro passato, e rispetto a quanto sta accadendo ancora nel presente. Anche in una comunità piccola come la nostra, è compito importante – e qui mi rivolgo, in modo particolare, a chi ricopre incarichi pubblici ed amministrativi – creare e determinare le condizioni per una convivenza pacifica e collaborativa, di aiuto reciproco e di supporto verso i più deboli, di attenzione alle sofferenze individuali, di costruzione di un tessuto urbano coeso e sereno nel quale
vivere, un luogo accogliente e rispettoso della molteplicità delle idee e della diversità che si dispiegano nella dialettica del confronto civile e democratico”.
Dal 26 ottobre al 4 novembre 1921, l’intera Nazione accompagnò il treno che trasportava la salma del milite ignoto da Aquileia a Roma per essere tumulata all’altare della Patria. Ad ogni stazione una folla accorreva per omaggiarlo. Quel soldato senza volto diventò il figlio, il marito, il fidanzato e il padre di tutti coloro che durante il primo conflitto mondiale assistettero impotenti all’orrore della guerra.
“In occasione della commemorazione del centenario della traslazione del milite ignoto nel sacello dell’altare della Patria in piazza Venezia a Roma – il Gruppo delle Medaglie d’oro al valor militare d’Italia ha pensato, voluto e lavorato affinché si promuovesse in ogni comune italiano il conferimento della cittadinanza onoraria al Milite Ignoto. E San Giovanni ha aderito con convinzione, approvando, all’unanimità, la delibera presentata nel consiglio comunale del 29 ottobre scorso. Il soldato ignoto caduto in guerra, così come lo definisce la Legge 1075/1921 che lo ha istituito, è una storia che racconta molto del nostro paese e della nostra cultura che, sebbene minata nel tempo da biechi istinti violenti, divisivi e prevaricatori, si contraddistingue per spirito di sacrificio e solidarietà. Quel lungo convoglio che attraversò gran parte dell’Italia, offrì a molti la possibilità di condividere la sofferenza, ma anche la speranza, trovandosi insieme, solidali. Facendo la tratta per Roma il 31 ottobre sostò a Firenze, quindi Arezzo passando per i nostri territori. Come allora oggi s’intende riportare seppur simbolicamente quel soldato nella nostra terra, nel nostro comune”.