Fabrizio Meoni, 18 anni fa il tragico incidente alla Dakar. Il ricordo dell’uomo e del campione ancora vivo Ar24Tv

Nel mezzo di una rotonda, con Gioele Meoni, senza bisogno di tante parole, un tributo a Fabrizio Meoni per conto della città di Castiglion Fiorentino, tutta”. Queste le poche parole, ma ricche di sentimento, del sindaco Mario Agnelli rese pubbliche via social accompagnando l’immagine di questa mattina che raffigura la deposizione di un mazzo di fiori alla statua posta lungo la Strada Regionale 71, ingresso nord della città. Castiglion Fiorentino e il mondo dello sport ricordano oggi, 11 gennaio 2023, Fabrizio Meoni, il campione dei rally motociclistici, il vincitore per due volte della Dakar nel 2001 e 2002 , il protagonista di opere di solidarietà per l’Africa, che ha perso la vita durante l’edizione 2005 della Dakar, a Kiffa in Mauritania, in una fatale caduta nel deserto. Nonostante i quasi 20 anni da quel tragico incidente, il centauro castiglionese è ancora presente nei cuori e nella mente dei castiglionesi, dei motociclisti e di tutte quelle persone che lo hanno conosciuto in vita. Esempio ne è il continuo pellegrinaggio alla statua che si trova lungo la Strada Regionale 71 per ricordarlo nel tempo o la visita che viene fatta costantemente ai luoghi preferiti da Fabrizio come il cippo eretto in località Partini, vicino al Passo della Foce, tra Castiglion Fiorentino e Palazzo del Pero, dove lui abitualmente si allenava. Proprio questa mattina il sindaco Agnelli, alla presenza della famiglia, ha deposto un mazzo di fiori alla statua posta lungo la Strada Regionale 71, uno dei luoghi simbolo del ricordo di Fabrizio. Questo pomeriggio, poi, alle ore 18.00 verrà celebrata una Santa Messa in sufragio al Santuario della Madonna del Rivaio. Gesti semplici ma che esprimono lo stesso sentimento di amicizia, ammirazione ed orgoglio verso Fabrizio Meoni, uno di noi.

La Fondazione Fabrizio Meoni onlus, scrive sui social: “18 anni fa ci lasciava Fabrizio Meoni, un tempo che oggi ci sembra lunghissimo ma nel quale molti hanno continuato a trarre ispirazione dalla sua vita e dai suoi ideali, conservandogli immutata amicizia e ricordo per la sua vicenda umana e sportiva… come era solito dire Padre Arturo Buresti “nulla è andato perduto”.

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“Fabrizio Meoni, 47 anni, è morto stamattina in corsa”, recitano le cronache della Gazzetta dello Sport dell’epoca. “Il pilota toscano della KTM, 47 anni, ha perso la vita durante l’undicesima tappa della maratona africana, che doveva portare i concorrenti da Atar a Kiffa, in Mauritania. E’ caduto alle 10.15 al km 184 della speciale, poco dopo aver passato regolarmente il primo controllo orario. Il francese Fretignè, che lo seguiva da vicino con la sua Yamaha, ha lanciato subito il razzo per i soccorsi. Circa 20 minuti dopo, alle 10.36, arrivava il primo elicottero, quello della direzione gara. Seguito poco dai due dei medici. I sanitari si sono prodigati al massimo, provando a rianimarlo per 45 minuti, ma probabilmente la morte di Meoni era stata istantanea, per la rottura dell’osso del collo. Poco dopo le 12 è stato comunicato ufficialmente il suo decesso. Meoni lascia la moglie, Elena, e due figli. La salma sarà imbarcata nella notte su un aereo dell’Air France per essere trasportata a Parigi dove giungerà alle 5,50 di domani mattina. Poco dopo sarà trasferita a Roma e da qui a Castiglion Fiorentino, il suo paese in provincia di Arezzo.

Meoni è stato uno dei più grandi protagonisti della storia della Dakar. Per anni era rimasta la sua corsa stregata. Aveva dominato in Tunisia, aveva vinto in Egitto, era già un Piccolo Principe africano. Ma gli restava una spina, un’amarezza da togliersi di dosso: un successo a Dakar. C’era riuscito, trasformandosi da principe a re, nel 2001. Alla tenera età di 44 anni, dopo aver lasciato il lavoro per diventare pilota ufficiale KTM. E si era ripetuto l’anno dopo, trionfando ancora sul lago Rosa della capitale del Senegal. Poi il suo stesso sogno se l’è portato via per sempre. Mentre inseguiva un’altra vittoria, l’ultima. Dopo aver deciso – destino malvagio – che sarebbe stata l’avventura dakariana finale della sua carriera.
Nato il 31 dicembre del 1957, sposato con Elena e padre di Gioele e Chiara, prematuramente scomparsa a maggio del 2021, fin da piccolo ha nutrito la passione per i motori che l’ha portato anche ad aprire un negozio nel centro del suo paese. Aveva iniziato correndo nell’enduro nazionale, ma a fine ’81 si era ritirato. Aveva ripreso a gareggiare nell’88 diventando campione italiano junior. L’anno seguente ha vinto il Rally Incas. Nel 1994 il primo grande risultato nella Dakar, 3° e migliore dei privati. Da lì solo successi, con le gemme africane del 2001 e 2002.

Nel suo personale palmarès spiccano le vittorie al Rally d’Egitto dei Faraoni (1996, 1998, 1999, 2000 e 2001), al Rally di Tunisia – 1997, 2000, 2001 e 2003 -, a Dakar (nel 2001 e 2002) ed un successo nella Rally Incas (1990), Desert Cannonball (1996) e Rally del Dubai (1999).

Nel maggio 2017 la sua città natale gli ha dedicato una statua che lo ritrae in sella alla sua moto a grandezza naturale, realizzata dall’artista Lucio Minigrilli. Una targa lo ricorda anche nel luogo dove trovò la morte.

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