L’ignoranza è la madre dei sensi beati
Una ricerca dell’OCSE ci dice che oltre un terzo degli adulti in Italia è in una condizione di analfabetismo funzionale, nel senso che sanno leggere e scrivere, ma hanno enormi difficoltà nel comprendere, assimilare o utilizzare le informazioni che leggono.
Avevo il sospetto che le cose stessero così leggendo molti dei commenti che circolano in rete.
E tu chi sei per dire queste cose?
Io non sono nessuno, mi limito a registrare i fatti.
Perché il problema non è se uno ha studiato o meno. Una laurea non da una patente di intelligenza. Ho conosciuto persone con la quinta elementare che avevano una finezza di pensiero e una sensibilità che certi laureati se la sognano.
Per cui, al primo che mi accusa di snobismo culturale, gli sputo in un occhio.
Detto questo che fare?
Per prima cosa restituire alla scuola la sua dignità e con essa un ruolo adeguato nella scala sociale agli insegnati, che però devono essere preparati, perché cattivi maestri producono pessimi allievi.
Secondo, di questi tempi può sembrare un paradosso, rilanciare il ruolo delle biblioteche.
Queste istituzioni sono chiamate, di fronte alla marea montante dell’analfabetismo di ritorno, ad un compito molto simile a quello delle strutture sanitarie durante una pandemia. Perché l’ignoranza è una malattia.
La visione tradizionale assegnava alle biblioteche la promozione del libro e della lettura. Oggi non basta. Ad essa vanno affiancati servizi culturali, interventi di animazione e coinvolgimento sociale.
Troppo difficile da capire?
E allora rassegniamoci alla povertà culturale che ci impoverisce intellettualmente a alla lunga anche economicamente. Rassegniamoci anche ai demagoghi di ogni forma e colore.
“L’ignoranza è forza” è uno degli slogan che campeggiano nel mondo immaginario di “1984”, romanzo premonitore di George Orwell. Oggi quella profezia si sta avverando. Ma a vantaggio di chi?