Scuola, rincaro servizi aggiuntivi. La denuncia dal comitato aretino
Il “Comitato giù le mani dalle mense” di Arezzo: “Intendiamoci, siamo per l’ennesima volta in presenza di un servizio la cui organizzazione è partita solo dopo il suono della campanella e la cui erogazione è iniziata mediamente tra la prima e la seconda settimana di ottobre; ma a destare le preoccupazioni maggiori è diventato ormai il costo sempre più alto delle quote di adesione.
Ma andiamo con ordine: pre, post, dopo scuola e mensa aggiuntiva sono quei servizi che consentono la permanenza dei bambini all’interno dei locali scolastici sia prima dell’inizio delle lezioni che dopo la loro fine, alla presenza di educatori qualificati.
Poiché permettono di conciliare i tempi lavorativi con quelli familiari, di incentivare il mercato del lavoro e di favorire l’occupazione femminile, nel corso del tempo sono diventati sempre più ambiti e infatti, durante gli open day, vengono presentati come dei fiori all’occhiello, concepiti per il benessere di bambini e genitori.
Vista la loro natura a metà tra il servizio a domanda individuale ed il servizio sociale, sono sostenuti anche dal Comune, che partecipa con trasferimenti ad hoc al contenimento dei costi. Evidentemente però questi finanziamenti, di cui abbiamo avuto notizia dai quotidiani e che ammontano a 10.000 euro per ogni Istituto Comprensivo (in città ce ne sono 6), non sono sufficienti a raggiungere lo scopo, e a farsi carico degli aumenti è rimasta un’utenza sempre più preoccupata e sconfortata.
Che il contributo inviato dal Comune agli istituti comprensivi non sia adeguato a calmierare le rette lo sanno bene le famiglie, che devono reperire mediamente 600 euro per ogni bambino che partecipa al doposcuola per coprire i costi diretti del servizio, a prescindere dall’ISEE del nucleo familiare o dal numero di figli iscritti. Questa cifra, già di per sé ragguardevole, è solo una base di partenza alla quale deve essere poi aggiunta la spesa relativa ai singoli pasti; ed è qui che lo sconforto lascia il posto all’indignazione.
Il perché è presto detto. Tutti i bambini che frequentano la scuola primaria, tranne poche eccezioni, sono iscritti al servizio di mensa curricolare; quella, per intendersi, che viene somministrata una volta alla settimana per assicurare un rientro pomeridiano in cambio del sabato libero dalle lezioni. I genitori hanno dunque presente il costo di questo specifico servizio che quest’anno, dopo un leggero aumento di 20 centesimi rispetto al 2021, giustificato dall’aumento dell’inflazione, ammonta adesso a 5,10 euro per ogni pasto.
Bene, gli stessi genitori per il medesimo servizio gestito dalla stessa multinazionale, ma offerto nei giorni extracurricolari (gli altri 4 rimanenti di ogni settimana), devono sborsare 6,30 euro a pasto, da pagarsi attraverso specifico ticket che si acquista in blocchetti da 10 non rimborsabili e da ritirarsi rigorosamente di persona alla sede della Multinazionale della refezione in via Sturzo, presentandosi in orari rigidi e limitati, con copia cartacea del bonifico effettuato.
Al di là della modalità di acquisto antiquata e scomoda che dimostra scarso rispetto per l’utenza, siamo di fronte ad un aumento di 1,40 euro avvenuto in due step tra il 2021 e il 2022 (fino a giugno 2021 infatti il costo della mensa era unico e si attestava su 4,90€ al giorno), che equivale ad un caro mensa che si aggira intorno al 30%. Un aumento che ha portato le famiglie che usufruiscono tutti i giorni del servizio di mensa aggiuntiva a spendere oltre 900 euro all’anno invece dei poco più di 700 necessari fino a meno di due anni fa e che amareggia i genitori perché deriva da una formula che permette di aggirare i limiti imposti dal bando di gara che regola l’erogazione del servizio curricolare.
Anche se gli aumenti legati alle attività di doposcuola non sono da imputare solo alla maggiorazione subita dal buono pasto, la sensazione in questo caso è quella di trovarsi di fronte ad un sistema che fa cassa sui bisogni dei cittadini, anche dei più piccoli e di un ente locale, che invece di moderare quella che pare una speculazione economica della Ditta Appaltatrice del servizio di refezione scolastica e difendere gli interessi delle famiglie, preferisce voltarsi dall’altra parte e lasciare che ad agire siano le logiche del mercato.
Sia chiaro, i genitori aretini non vivono sulla luna, conoscono la grave situazione economica in cui versa il mondo intero e hanno loro malgrado metabolizzato le oscillazioni dell’inflazione, le bollette impazzite e il carburante pagato a peso d’oro; quello che proprio non riescono ad accettare è un’impalcatura educativa e sociale che, nel nostro Comune, non garantisce pari opportunità a tutti i bambini. É a loro infatti che dovrebbe essere assicurato il diritto a occupare luoghi e spazi che ne promuovano lo sviluppo e l’inclusione, agendo direttamente sulle cause che lo inibiscono, soprattutto quelle economiche.
In questo senso il doposcuola, organizzato all’interno delle scuole intese come ambiente consono alla crescita armonica dei bambini, dovrebbe essere considerato un servizio essenziale per tutti e non un privilegio per pochi e in quanto tale, oltre ad essere omogeneo nei vari Istituti del territorio comunale, dovrebbe vedere un impegno più ambizioso da parte di un’Amministrazione che vuole rendere la nostra città una comunità compatta e coesa”.