Un violento capobanda, un colonnello gentiluomo e due giovani eroi

Sono passati 10 anni dal 2011, quando sul Corriere di Arezzo iniziò ad emergere la dimenticata storia dei giorni della Chiassa. Quattro i personaggi principali: il “Russo” Vassili, capobanda duro, violento e irresponsabile, che rapisce un colonnello tedesco; il colonnello Maximilian von Gablenz, appartenente ad una ben nota famiglia prussiana, dal comportamento corretto e gentile, per riavere il quale il Comando tedesco mise sul “piatto” una strage di centinaia di civili tra la Chiassa e Anghiari, nonché la distruzione dello splendido paese della Val Tiberina, assieme anche a Montauto, Borgo a Giovi e la stessa Chiassa; Gianni Mineo, comandante di un piccolo gruppo partigiano, collegato alla XXIII Brigata “Pio Borri”, che rischiò la vita andando al Comando tedesco per ottenere una dilazione dell’ultimatum, la rischiò di nuovo andando a cercare di convincere il “Russo” a rilasciare il colonnello e ancora quando arrivò alla Chiassa con l’ostaggio infine rilasciato; Giuseppe Rosadi, della Chiassa, partigiano della Banda Zuddas e poi approdato dal “Russo”, che assieme a Bruno Zanchi aiutò Gianni Mineo ad accompagnare il Colonnello verso la Chiassa e poi rischiò la vita arrivando nella piazza della Chiesa con von Gablenz.

Adesso quella storia la conosciamo molto bene. La conosce il Comune di Arezzo, che ha intitolato a Gianni Mineo e a Giuseppe Rosadi il Parco della Chiassa. La conosce il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha firmato i Decreti per la concessione di una Medaglia al Valor Militare ai due partigiani eroi. La conosce la Direzione Generale Cinema del Ministero per i Beni Culturali, che ha assegnato la prima posizione per un contributo selettivo per la scrittura di una sceneggiatura ispirata alla vicenda della Chiassa, al fine di dare vita ad un film TV in quattro puntate. La conosce la Rai, alla quale è stato chiesto di finanziare il film TV. Ma la conoscono anche il Presidente della Repubblica Federale della Germania, Frank-Walter Steinmeier, e la Cancelliera della Germania, Angela Merkel. E infine la conoscono i lettori dei due libri dedicati alla Chiassa ed ai suoi eroi e dei tanti articoli apparsi su giornali e riviste.

Però, anche se la storia dei giorni della Chiassa è ormai chiara, ogni tanto riaffiora dagli angoli più impensati una testimonianza, un documento, una storia, una fotografia, tali da apportare nuove tessere al mosaico.

Ultima in ordine di tempo, una vecchia foto scoperta da Mirco Draghi, ricercatore di memorie anghiaresi, tra le carte non inventariate del Museo Biblioteca della Resistenza di Sansepolcro (MBRS).

Si tratta di una foto che ritrae quattro personaggi, dal tipico abbigliamento partigiano. L’attenzione di Draghi si è concentrata sul ragazzo biondo in piedi, facilmente identificabile con Pedro Resti, detto “il Rossino”, giovanissimo partigiano di Anghiari che con Altero Scimia, Giuseppe Rosadi, John Magnani ed altri, prima si arruolò nella banda di Zuddas e quando questi il 24 maggio sciolse momentaneamente il suo reparto partigiano, si unì alla banda del “Russo” Vassili. Mirco Draghi ha riconosciuto anche le casette che appaiono pure in un’altra foto scattata a metà giugno 1944 a Montemercole, mi ha quindi inviato la foto per l’identificazione degli altri tre personaggi. Abbiamo concordato che il ragazzo in ginocchio di fronte a Resti è quello identificato come uno “slavo” in una foto di gruppo della banda del “Russo”. Mentre non è ben chiaro chi sia il giovane con stivali e berretto tedesco, non vi sono dubbi che il personaggio a destra in ginocchio, con grande cappello da gerarca fascista e camicia bianca sia Vassili il “Russo”, il famigerato capobanda che il 26 giugno rapì il colonnello von Gablenz e poi non lo voleva restituire neppure dopo aver saputo della minacciata strage nazista.

In questa inedita fotografia, Vassili il “Russo” è visto di fronte, ma è lo stesso personaggio che appare di profilo in una foto della banda, scattata sempre a Montemercole, mentre impugna una pistola. Mario Moretti, uno degli ultimi partigiani superstiti della banda, scomparso pochi anni fa, identificò senza ombra di dubbio il tizio con la camicia bianca e il cappellone da gerarca fascista con il “Russo”, così come avevano fatto in precedenza altri partigiani della banda, come Altero Scimia. Ma in quella foto, scattata da lontano, i connotati del “Russo” erano appena percepibili, mentre in quest’ultima foto Vassili si vede bene, di fronte, e ne possiamo constatare l’atteggiamento da “duro”.

Con questo personaggio, il mattino del 29 giugno 1944, Gianni Mineo dovette misurarsi in una snervante gara di coraggio, pazienza, insistenza, empatia, determinatezza, per convincerlo a rilasciare il Colonnello von Gablenz. Mentre nella Chiesa della Chiassa oltre 200 persone attendevano di essere uccise e gli abitanti di Anghiari, precipitosamente sfollati con carretti, barocci e i pochi loro beni, paventavano di lì a poco la distruzione del loro bel borgo.

Per fortuna, Gianni Mineo vinse la sfida con Vassili e aiutato da Giuseppe Rosadi e per un tratto di strada anche da Bruno Zanchi, riuscì ad arrivare per tempo alla Chiassa con von Gablenz, salvando centinaia di vite e quattro centri abitati, per poi sparire per quasi 70 anni, fino alla riscoperta.

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Santino Gallorini

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