Gestione illecita di rifiuti, blitz all’alba alla Chimet. Dall’azienda: “Codici corretti”

Il sospetto della Dda di Firenze è che l’azienda abbia classificato come “non pericolosi” rifiuti che in realtà dovevano essere trattati come tali. Per questo una decina di Carabinieri del Noe hanno sottoposto a perquisizione l’azienda, concentrando la propria attenzione su documenti, pc e smartphone delle persone indagate. Che risultano essere l’amministratore delegato Luca Benvenuti, la consigliera delegata Cristina Squarcialupi e due dirigenti del gigante della affinazione dell’oro e degli altri metalli preziosi. In passato Chimet era già stata coinvolta nell’inchiesta Keu, quando i Carabinieri Forestali rilevarono fanghi provenienti dal distretto orafo aretino, che venivano mescolati, nell’impianto dei Lerose di Levane, nel comune di Bucine, ad altro materiale. Il composto finale veniva ceduto a ignari acquirenti come materia prima per attività edilizie.

In una nota Chimet assicura la correttezza delle procedure seguite, respingendo ogni addebito: “Chimet precisa che si è trattato dell’ennesima verifica riguardante il codice attribuito al rifiuto risultante all’esito del processo di recupero dei metalli preziosi. Nello specifico, il controllo si è incentrato sul conferimento di tale rifiuto, ai fini del suo recupero, ad un impianto del viterbese che si è protratto, sotto il costante controllo di ARPAT Toscana e Lazio, Regione Toscana e Regione Lazio, dal 2012 al 2021″. L’azienda è fermamente convinta di aver sempre attribuito un corretto codice al rifiuto, in ciò confortata dai sistematici e approfonditi controlli cui è sempre stata sottoposta“.

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