Maxi gestione illecita di rifiuti, sequestrate 13 imprese. Ricavi da milioni di euro

Nella fattispecie l’indagine ha portato alla luce una organizzazione costituita da più stabilimenti abusivi tra loro interconnessi nei quali giungevano rifiuti della manutenzione di torrenti, del verde pubblico e privato e di aree industriali per essere cippati e rivenduti alle centrali elettriche con la falsa qualifica di biomassa di pregio prodotta da lotti boschivi così consentendo agli autori di questo ‘’sistema’’ l’ottenimento di ingiusti ricavi di alcuni milioni di euro a danno delle risorse pubbliche riservate invece alle vere produzioni di filiera.

In particolare due soggetti a cui sono da ricondurre 6 delle 13 imprese coinvolte avevano allestito, in assenza di qualsivoglia autorizzazione edilizia, paesaggistica e ambientale, dei veri propri impianti di trattamento rifiuti mediante i quali eseguivano delle attività finalizzate ad occultare, mediante cippatura, la reale provenienza delle biomasse utilizzate.

Lavorazioni industriali che oltre ad essere del tutto illecite sono risultate anche  suscettibili di determinare effetti negativi sull’ambiente così come evidenziato dagli investigatori e dallo stesso Giudice per le indagini preliminari che ha ritenuto sussistenti tutte le ipotesi di reato avanzate dalla Procura della Repubblica di Arezzo che vanno dall’allestimento e messa in esercizio di impianti per la raccolta e trattamento rifiuti speciali in assenza di autorizzazione, alla emissioni in atmosfera in assenza di autorizzazione, allo smaltimento illecito di rifiuti liquidi prodotti dalle lavorazioni industriali non autorizzate, al cambio di destinazione d’uso del suolo fino alla frode in commercio.

In altre parole una rete di imprese impegnate nella manutenzione dei torrenti, di aree industriali e verdi, sia pubbliche che private, dopo aver percepito gli oneri per il corretto smaltimento dei residui vegetali derivanti da quelle lavorazioni, invece di utilizzare  gli stessi e conferire quanto dovuto in impianti autorizzati, li dirottavano in queste piazzole/stabilimenti dove venivano trasformati in cippato “fake’’ per essere rivenduto come biomassa di pregio alle centrali energetiche.

L’attività posta in essere dalla Sezione di Polizia Giudiziaria dell’Arma dei Carabinieri ha consentito di ricostruire i movimenti che per mesi hanno collegato gli stabilimenti in questione con i loro conferitori.

Questa mattina una vasta area che fungeva da vero e proprio interporto e centro baricentrico delle attività illecite è stata sottoposta e sequestro preventivo e con lei oltre una cinquantina di veicoli professionali appartenenti ai soggetti e alle imprese che a vario titolo hanno contribuito a mettere insieme questo ‘’organismo illecito’’, e, tra queste, alcune collocate in Lombardia, Campania e Calabria.

Un giro milionario sommerso portato alla luce del sole e da qui il nome all’operazione, “Osiride”, volto a simboleggiare il ritorno ai valori della natura, dell’agricoltura e dell’ambiente alle porte di una primavera ormai prossima. 

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