“Precipitoso, avventato e imprudente, eccesso di legittima difesa”. Mugnai rinviato a giudizio

La pm Laura Taddei, a chiusura delle indagini preliminari, contesta all’artigiano aretino l’eccesso di legittima difesa, per via di un comportamento giudicato “precipitoso, avventato e imprudente“. 

Dissidi di vicinato

Tutto sarebbe nato per dissidi di vicinato tra i due, che una volta si frequentavano ed erano in tutt’altri rapporti. Fatto sta che intorno alle 20.30 di quel 5 gennaio Gezim Dodoli, operaio albanese 57enne da oltre 30 anni in Italia, con l’escavatore danneggiò quattro autovetture lì parcheggiate, tutte di proprietà dei familiari di Mugnai e poi ha colpì più volte con la benna del mezzo le mura e il tetto dello stabile, provocando gravissimi danni strutturali all’abitazione. Mugnai avrebbe provato a convincere il Dodoli a desistere dall’intento, ma l’operaio di origini albanesi avrebbe continuato a colpire la casa con il mezzo agricolo. All’interno, nel terrore, oltre al capofamiglia c’erano la moglie, il figlio e alcuni parenti che tentarono di uscire dall’abitazione. Dodoli avrebbe impedito al gruppo familiare di guadagnare la via di fuga: con la macchina agricola ha divelto la porta d’ingresso, scardinato le scale e danneggiato la struttura in volta della casa, una colonica costruita su due livelli. A quel punto Mugnai ha imbracciato l’arma, un fucile regolarmente detenuto e ha esploso alcuni colpi in direzione della vittima.

Le indagini

Alessandro Mugnai avrebbe chiamato il 112 per due volte prima di esplodere cinque colpi col fucile, di cui quattro diretti contro Gezim Dodoli, l’albanese di 58 anni che nella serata di giovedì 5 gennaio ha tentato di demolirgli la casa a bordo di una ruspa. Nelle motivazioni con cui il gip Giulia Soldini ordinò la scarcerazione di Alessandro Mugnai, fabbro di 53 anni arrestato la notte dell’Epifania del 2023 nella frazione aretina di San Polo per omicidio e uscito dal carcere aretino lunedì 9 gennaio, si legge “non è una persona pericolosa, né violenta. Si tratta di un uomo che ha agito per difendere la propria e l’altrui incolumità“. Non esistono inoltre i presupposti per la misura cautelare in carcere, come il pericolo di fuga, l’inquinamento delle prove o la reiterazione del reato. Dalla ricostruzione dei fatti della tragica serata di San Polo, era emerso che anche il fratello di Mugnai sarebbe sceso nel piazzale della colonica, intimando inutilmente più di una volta a Dodoli di interrompere la sua furia a bordo del mezzo agricolo. Con la benna l’albanese prima colpì quattro auto di proprietà dei Mugnai, per poi concentrare le sue attenzioni verso l’abitazione, “bloccando l’unica via d’uscita e continuando a colpire col mezzo meccanico la parte di muro e di tetto della stanza dove si trovava la famiglia” che aveva appena terminato la cena “nel tentativo di voler fare del male ai componenti la famiglia“. A questo punto Alessandro Mugnai imbraccia il fucile, grida a Dodoli di fermarsi, spara un primo colpo a terra, chiede aiuto alla Polizia con due telefonate al 112 nel giro di due minuti, alle 20.29 e 20.31. E’ il momento dei quattro colpi di fucile in successione che portano alla morte di Dodoli, esplosi “per interrompere l’azione criminosa e tendenzialmente omicida di Dodoli“. La Polizia Scientifica si è soffermata a lungo nel luogo della tragedia, per raccogliere dettagli ed elementi utili alle indagini e verificare che l’aderenza delle testimonianze alle evidenze tecniche. Le risultanze, insieme all’esito dell’esame autoptico sul corpo di Dodoli, hanno portato a comporre il quadro accusatorio del pm Laura Taddei: “Eccesso di legittima difesa“, si legge nell’atto di chiusura indagini. Ora il processo, in cui Mugnai sarà difeso dagli avvocati Piero Melani Graverini e Marzia Lelli.

 

 

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