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mercoledì | 05-02-2025

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Processo Etruria, Visco non più citato come teste. La vedova D’Angelo: “Ci dicevano di stare tranquilli, vita finita”

Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco non sarà nuovamente citato come teste al processo ad Arezzo per il crac di Banca Etruria. Lo ha deciso stamani il tribunale revocando l’ordinanza di ammissibilità della testimonianza di Visco: il presidente del collegio dei giudici, Gianni Fruganti, ha dichiarato irrilevante la sua deposizione. Visco era stato citato come teste dall’avvocato Lorenza Calvanese, legale di un risparmiatore, e secondo quanto previsto inizialmente avrebbe dovuto deporre oggi in aula. Ma da Bankitalia era stato reso noto due settimane fa che Visco oggi non avrebbe potuto essere ad Arezzo per un impegno all’estero: in aula sarebbe stato presente un suo rappresentante. Oggi l’avvocato Calvanese ha insistito per avere Visco in aula ma appunto la testimonianza è stata dichiarata irrilevante dal presidente Fruganti, per cui non è stata richiesta nemmeno una sostituzione. Il processo per il crac di Etruria vede imputati per bancarotta 25 ex consiglieri dell’istituto. L’udienza si era aperta con l’ascolto di due risparmiatori, tra cui Lidia Di Marcantonio, vedova di Luigino D’Angelo, il pensionato suicida nella sua casa di Civitavecchia (Roma) che nel 2015, dopo il decreto Salvabanche perse tutti i risparmi: “Sono qui per mio marito e per la sua memoria. La mia vita è finita su quelle scale dove ho visto mio marito appeso. Dopo la sua morte sono stata nove mesi chiusa in camera e ho perso dieci chili”.  La donna ha testimoniato al processo per il crac di Banca Etruria che ha 25 imputati tra amministratori e dirigenti dell’ex istituto di credito. “Mio marito diceva sempre al consulente di investire e custodire il ‘gruzzoletto’ per la nostra pensione – ha raccontato Lidia Di Marcantonio -. Un giorno ci propose di investire tutto in un buon prodotto e noi ci fidammo, c’era fiducia. Poi a luglio 2015 arrivò una lettera che diceva che il nostro investimento non era adeguato al nostro profilo. Siamo tornati in banca e un altro impiegato ci ha detto che era una lettera che mandavano di routine. Siamo andati via tranquilli“.

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