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mercoledì | 15-01-2025

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Uccise la moglie malata, respinto il rito abbreviato. Sacchi verso la sentenza

Alessandro Sacchi, l’ottantenne che il 21 giugno 2024, ad Arezzo, ha ucciso la moglie Serenella Mugnai, 73 anni, affetta da Alzheimer, era presente stamani nell’aula del Tribunale di Arezzo, dove si celebra il processo a suo carico. Il gip di Arezzo Stefano Cascone, a luglio scorso aveva disposto la scarcerazione di Sacchi, accogliendo l’istanza della difesa. L’uomo venne accolto dalla Casa di Riposo “Fossombroni” dove ha scontato i domiciliari fino a poche settimane fa, poi la misura cautelare è stata annullata.

Sacchi è stato riconosciuto affetto da una parziale infermità mentale al momento del fatto, causata dallo stress patologico accumulato per assistere la moglie.

La vicenda, che ha sconvolto la comunità locale, si è consumata nell’appartamento della coppia in viale Giotto, dove vivevano da una vita. Secondo la ricostruzione, un diverbio, apparentemente banale, sarebbe degenerato fino alla tragedia. Sacchi, con una vecchia pistola del padre, ha sparato alla moglie e poi ha avvisato i vicini, dicendo: “Non ce la facevo più“.

L’udienza finale del processo è fissata per il 30 gennaio 2025, quando la Corte d’Assise di Arezzo, presieduta da Anna Maria Loprete, con giudice a latere Ada Grignani e giudici popolari, ascolterà i testimoni. Successivamente, saranno presentate le conclusioni del pubblico ministero Marco Dioni e dei difensori dell’imputato, gli avvocati Stefano Sacchi, nipote dell’imputato e Piero Melani Graverini.

Tra i testimoni figurano i vicini di casa, gli amici della coppia, la donna che si occupava di Serenella, il medico di famiglia e la psichiatra che ha svolto l’accertamento sulla salute mentale dell’imputato. Quest’ultima ha stabilito che Sacchi, in quel momento tragico, fosse parzialmente incapace di intendere e di volere.

La Corte ha respinto la richiesta di rito abbreviato, non applicabile in casi come questo, in cui il reato – l’omicidio della moglie – prevede l’ergastolo. Tuttavia, la semi infermità mentale e le circostanze attenuanti potrebbero portare a una pena intorno ai 10 anni, o persino inferiore, da scontare non in carcere, vista l’età dell’imputato.

La storia di Alessandro e Serenella è quella di una coppia fin lì affiatata, profondamente legata, poi un rapporto segnato dalla malattia della donna, fino al tragico epilogo di una situazione di sofferenza estrema e logorante. In aula era presente anche una cugina della vittima, che ha scelto di non costituirsi parte civile, ma di partecipare per rendere omaggio alla memoria di Serenella.

Il processo resta aperto e la sentenza della Corte d’Assise, prevista per fine gennaio, sarà determinante per fare chiarezza su una vicenda dolorosa che ha scosso l’intera comunità.

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