Violenza domestica, la storia di Maria. Quando il tempo è un fattore cruciale

Arezzo – Una nuova drammatica testimonianza di violenza in famiglia arriva dalla provincia di Arezzo, dove una donna intorno ai 50 anni che chiameremo Maria per tutelarne l’identità e la figlia minorenne, vivono da anni in una situazione di paura e sopraffazione.
La vicenda è stata portata alla luce da Alessandro Rossi, patron di Ombra Sicurezza, a cui Maria si è rivolta per chiedere aiuto.
“La violenza, fatta di sopraffazione fisica e psicologica, va avanti da tempo, la donna è finita anche in ospedale e ha sporto più di una denuncia, sette in tutto, ma finora non sono state attivate le procedure previste dalla legge in casi simili“, ha denunciato Rossi. “C’è il timore che la situazione possa degenerare, occorre fare in fretta“, ha aggiunto, lanciando un accorato appello alle istituzioni affinché intervengano con urgenza.
La storia di Maria purtroppo non è un caso isolato, ma rappresenta uno dei tanti episodi che, secondo i dati nazionali, ogni giorno vedono le donne vittime di abusi fisici e psicologici. Il rapporto ISTAT del 2023 evidenzia come una donna su tre abbia subito violenza almeno una volta nella vita, con numeri in aumento per quanto riguarda i casi di violenza domestica.

Alessandro Rossi, Ombra Sicurezza
Nonostante le denunce presentate, spesso le vittime rimangono intrappolate in una spirale di isolamento e timore, mentre i meccanismi di tutela previsti dalla legge tardano a essere attivati.
“Ogni giorno di ritardo può fare la differenza tra la vita e la morte per queste donne“, ha sottolineato Rossi. “Serve un cambio di passo, sia sul fronte della protezione immediata delle vittime, sia nella prevenzione, per impedire che si arrivi a situazioni estreme“.
La legge italiana prevede strumenti chiari per affrontare la violenza domestica, come l’allontanamento dell’aggressore, l’attivazione di case rifugio e il supporto psicologico e legale per le vittime. Tuttavia, come dimostra la vicenda di Maria, il sistema spesso non riesce a garantire un intervento tempestivo ed efficace.
“La difficoltà non è solo nell’attivazione delle misure di protezione, ma a me pare anche nella mancata sensibilizzazione dei soggetti coinvolti, poi è inutile celebrare il 25 novembre“, ha spiegato Rossi. “La rete deve funzionare in maniera tempestiva e tutti devono fare la propria parte per evitare tragedie“.
La violenza di genere, oltre a essere un crimine, è anche un fenomeno profondamente radicato in una cultura che troppo spesso normalizza atteggiamenti di prevaricazione e controllo sugli individui più vulnerabili. La prevenzione, in questo contesto, gioca un ruolo cruciale.
“Non possiamo limitarci a intervenire solo quando il danno è ormai fatto. È necessario educare le nuove generazioni al rispetto e all’uguaglianza di genere, promuovendo una cultura che rifiuti ogni forma di violenza“, ha concluso Rossi.
Il caso di Maria e sua figlia rappresenta un grido d’allarme che non può restare inascoltato. L’intervento delle istituzioni, la collaborazione della società civile e il supporto di team come quello di Ombra Sicurezza sono fondamentali per offrire alle vittime una via d’uscita.
Le parole di Rossi non lasciano spazio a interpretazioni:
“Il tempo è un fattore cruciale. Non possiamo permetterci di aspettare che accada l’irreparabile“.