“Il mio nome è ‘terremoto’ e devo la vita al team Usar”. Sara e Samuele: “Torneremo in Turchia” Ar24Tv
Sara Montemerani, 35 anni, è uno dei pochi medici specialisti in medicina d’emergenza urgenza. Ha studiato medicina all’università di Siena dove ha ottenuto anche la specializzazione in medicina d’emergenza urgenza. Da due anni lavora come dipendente in Asl Tse. Samuele Pacchi, 43 anni, dopo il diploma diventa volontario Misericordia di Cortona e poi dipendente della Croce Rossa di Arezzo. Studia infermieristica e dopo la laurea entra al Pronto soccorso di Arezzo e poi in quello di Nottola. Nel frattempo frequenta il Master infermieristico a livello forense. Dal 2012 presta servizio alla centrale 118 di Arezzo, nel 2018 ha conseguito il master in coordinamento, due anni fa è diventato coordinatore del 118 di Arezzo. Sara e Samuele fanno parte del team Usar appena rientrato dalla Turchia.
Siamo stati gentilmente ricevuti nella sede operativa del 118 aretino, autorizzati dal direttore generale D’Urso, per raccogliere la testimonianza di Montemerani e Pacchi.
Quale scenario avete incontrato non appena arrivati in Turchia?
Sara Montemerani: “Uno scenario devastante, molto diverso da quello che ci aspettavamo. Sapevamo che saremmo andati incontro ad un ambiente ostile, ma non a tal punto. Intendo ambiente ostile non da parte della popolazione, ma proprio a livello di situazione: una città in cui non c’è più un palazzo esistente, manca l’elettricità, non c’è acqua corrente, le persone dormono in strada o in auto per chi è stato più fortunato e non ha avuto la macchina colpita dal sisma. Una dimensione inaudita dell’evento“.
Quali informazioni dalle autorità locali avete ricevuto?
Sara Montemerani: “L’organizzazione del governo locale è riuscita a darci solo informazioni parziali, comprensibilmente. Il primo giorno è stato di adattamento“.
Le prime criticità incontrate?
Sara Montemerani: “Criticità per la localizzazione del campo base. Alla fine è stato identificato lo stadio di Hatay, l’impianto calcistico della città turca di Antiochia. Poi il problema erano gli spostamenti, la mobilità della squadra, avevano pochi mezzi a disposizione“.
Quindi uno scenario ben peggiore rispetto alle aspettative
Samuele Pacchi: “Quando siamo partiti dopo il briefing ci siamo fatti un po’ un’idea, ma una volta lì la realtà è stata ancora peggio, un film di fantascienza. Si stima che siano crollati 2.200 edifici e non palazzine di un piano, minimo 4 o 5 piani. In ogni angolo abbiamo incontrato distruzione e devastazione, abbiamo visto tante persone che piangevano“.
Un’emergenza mai affrontata prima
Samuele Pacchi: “Questa era la nostra prima missione. Team Usar Toscana è nato 5 anni fa, grazie alla volontà della Regione di organizzare squadre specializzate che potessero operare in area rossa. Fino ad oggi i sanitari in area rossa non entravano, erano zone di competenza dei Vigili del Fuoco, corpo che nasce per lavorare in ambiente ostile. La Regione, i nostri dirigenti e il direttore D’Urso hanno voluto fortemente che le squadre Usar fossero formate. Abbiamo finito la formazione a novembre, a dicembre abbiamo effettuato la prima esercitazione. Eravamo pronti ad iniziare, ma pensavamo di poter intervenire su un singolo evento, non l’apocalisse“.
Dal punto di vista strettamente operativo, quali sono state le prime azioni?
Samuele Pacchi: “La squadra Usar ha identificato il sito dove andare a operare, in mancanza di risposte precise da parte della protezione civile turca. Abbiamo effettuato l’assesstment, fase iniziale del team in cui viene identificato il sito dove operare. Abbiamo individuato la palazzina di 8 piani abitata inizialmente da 60 persone, poi evacuata dopo la prima scossa, erano rimasti in 48. Avevamo il compito di scavare e fare ricerca di superstiti“.
Un lavoro di squadra
Samuele Pacchi: “Non sono stati Samuele Pacchi e Sara Montemerani a salvare il 22enne, è stato il team Usar Toscana. La nostra forza è l’interoperabilità“.
Umanamente un’esperienza probante
Samuele Pacchi: “Rimane la gioia infinita di aver salvato una vita, se salvi una vita salvi un mondo. Il nostro team è riuscito a salvare due vite, quindi due mondi“.
Dottoressa, le persone tratte in salvo quali traumi presentavano?
Sara Montemerani: “Entrambi con problemi di schiacciamento, il ragazzo di 20 anni che abbiamo salvato con la nostra squadra era praticamente incarcerato con quattro solai sopra, con traumi agli arti inferiori. Fortunatamente si era creata una bolla all’interno di questi quattro solai, per cui non aveva un trauma né addominale, né toracico, aveva lo spazio per respirare, ma gli arti inferiori erano completamente incarcerati. E’ rimasto più di 48 ore in queste condizioni, ci sono volute 9 ore e mezzo di lavoro per tirarlo fuori. E’ stato individuato dai vicini, si sono accorti che sotto le macerie c’era qualcuno che chiedeva aiuto, hanno avvertito l’Afad (la protezione civile turca, ndr), sono venuti a cercarci e siamo intervenuti“.
Ci sono stati anche momenti drammatici in cui gli stessi soccorritori hanno messo a rischio la vita
Sara Montemerani: “Essendo la più esile, sono entrata nel piccolo spazio fisico per avvicinarmi al giovane, in quel momento c’è stata una scossa. Ho visto tutta la mia vita passarmi davanti, ho pensato alla mia famiglia. Sentivo Samuele che chiamava il mio nome, io rispondevo ma non poteva sentirmi“.
Samuele Pacchi: “Ero all’esterno, Sara si trovava sotto le macerie, è arrivata una forte scossa di terremoto. Ho urlato il suo nome, è andata bene“.
Dal video del momento del salvataggio si sentono le frasi “Ci s’ha, ci s’ha” e poi gli applausi di gioia. Cosa ha provato dottoressa?
Sara Montemerani: “La prima cosa che ho fatto è piangere, erano lacrime di gioia, tutta la squadra si è impegnata e ha lavorato in maniera eccezionale, con lo stesso obiettivo. Il ragazzo è un nostro futuro collega, studente in infermieristica. Uno dei vantaggi è stato il fatto che conoscesse l’inglese, potevamo comunicare direttamente con lui. Attraverso un corridoio di dimensioni ridottissime avevamo accesso ad una mano e al volto del paziente. Il fatto che potesse dire cosa sentiva, come stava, è stato fondamentale“.
Come sta il giovane?
Sara Montemerani: “Se la caverà. Il giorno dopo ho chiesto informazioni all’ospedale dove è stato ricoverato, mi hanno detto che il ragazzo sta bene, ha perso praticamente la gamba sinistra. Si chiama “Deprem”. Il suo nome, tradotto dal turco all’italiano, significa “terremoto“.
Come ricorda quegli istanti?
Sara Montemerani: “Momenti complessi, al tempo stesso commoventi, c’erano mamma e fratello che lo aspettavano fuori. C’è stato un applauso generale, non solo a noi, ma anche ai soccorritori locali che in poco tempo ci hanno procurato il materiale che mancava“.
In Turchia il vostro ricordo è indelebile
Sara Montemerani: “Posso raccontare un altro aneddoto: quando siamo ripartiti e stavamo ritornando in aeroporto abbiamo fatto una piccola sosta in area di servizio. Scesi dal pullman, i cittadini turchi ci hanno riconosciuti e hanno applaudito. Siamo arrivati tra i primi, questo ha creato un rapporto“.
Tornerà in questo paese martoriato?
Sara Montemerani: “Le mie future vacanze saranno in Turchia, vorrei rivedere il ragazzo che abbiamo salvato“
Samuele Pacchi: “Tornerò anch’io in Turchia. Due interpreti sono stati con noi ed è nata una grande amicizia. Queste situazioni creano legami indissolubili“.