L’apolitica di Conte
Quindi per un pugno di voti Giuseppe Conte ha ottenuto la fiducia anche al Senato, dopo quella alla Camera. Aveva iniziato con la maggioranza cosiddetta giallo-verde, in corsa ne è stata trovata un’altra con Pd, LeU e Italia Viva. Il Conte 1 a trazione leghista e Movimento 5 Stelle era guidato da principi sovranisti (ricordate il “prima gli italiani?”), una netta politica anti migratoria e flat-tax, con applicazione delle idee pentastellate incardinate su reddito di cittadinanza (fallito) salario minimo obbligatorio e “no” a grandi opere considerate anti-ecologiste e non necessarie (si ricorda la Tav Torino-Lione e il Tap in Puglia). In disaccordo su molti punti programmatici, l’esperienza si è conclusa con la crisi di governo innescata ad agosto 2019 dal leader della Lega Matteo Salvini. Il Governo nato dall’alleanza Movimento Cinque Stelle, Partito Democratico, Liberi e Uguali e Italia Viva, sempre guidato dall’avvocato Giuseppe Conte, era partito propugnando una politica economica espansiva appoggiata anche dalla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, votata sia da M5s che da Pd, con l’obiettivo dichiarato di ridurre (finalmente) le tasse sul lavoro (quando?). Nel frattempo però Conte ha messo il suo sigillo su due decreti sicurezza con contenuti diametralmente opposti, in tal modo rinnegando se stesso (il Conte 2 che si rimangia il Conte 1). Maggioranze e programmi completamente diversi con lo stesso Presidente del Consiglio e il problema di non poco conto di dover “gestire” la pandemia. Si divide l’Italia in “pezzettini” colorati in base all’intensità del contagio, con ciò creando discriminazioni, differenze e separazioni. La penisola diventa un puzzle: scuole aperte da una parte, chiuse da un’altra, trasporto pubblico con regole cangianti nel giro di pochi chilometri, sanità con diversa capacità tra regione e regione, aziende chiuse da una parte, aperte dall’altra, poca chiarezza nel rapporto tra scienza e decisioni politiche, continue incomprensioni con le Regioni, ricorso senza soluzione di continuità allo strumento della decretazione da parte del Presidente del Consiglio. Già, i Dpcm: spesso norme incomprensibili tra cui districarsi, scritte non bene, contraddittorie, ricche di rinvii ad altre leggi, annunciate in diretta tv la sera e valide dalla mattina successiva, costringono gli italiani a rincorrere e investire per aprire le attività, per poi dover richiudere pochi giorni dopo. Conte si fa, di volta in volta, Ministro della Sanità, dei Trasporti, della Scuola e dell’economia, “sottraendo” la firma al Presidente della Repubblica. Vengono emanate norme con decreti legge anche in assenza delle condizioni d’urgenza previste dalla Costituzione. Come molti giuristi hanno evidenziato, c’è la forma della legge, non la sostanza e più della metà dei decreti legge viene votata ponendo la questione di fiducia. Vale la pena ricordare che gli interventi sulle epidemie sono regolati da una legge del 1978 e dovrebbero essere di competenza del Ministro della Salute. E ancora: ristori annunciati e arrivati (se va bene) in ritardo. Categorie economiche sul piede di guerra, crisi strisciante e all’orizzonte sono fosche le previsioni sui dati del pil e della disoccupazione. Parlamento ignorato, se è vero, come evidenzia Openpolis, che dei 430 atti relativi alla pandemia. solo il 2,7% ha visto il coinvolgimento di Camera e Senato. Il presidente del Consiglio si rivolge invece con frequenza al pubblico in televisione, piuttosto che partecipare alla discussione al Senato sulla legge di bilancio 2021. La proposta di legge di bilancio arriva infatti dal Governo alla Camera con un mese di ritardo, il Senato è costretto ad una approvazione quasi “a scatola chiusa”. Per il Recovery Fund invece si è pensato ad una “task force di consulenti”, ma per un compito di questa portata non si può fare a meno dell’amministrazione ordinaria, magari potenziandola. Al contrario, si è pensato ad una macchina esterna, salvo poi chiedere all’amministrazione di agire come soggetto meramente attuatore. Parlamento svilito, dibattito ridotto ai minimi termini, quando la crisi sanitaria/economica/sociale necessita di ampio dibattito e condivisione di deputati e senatori, eletti dal popolo. L’Italia deve superare questa lunga fase “apolitica”. “Parlamentarizzando” i problemi e le questioni in campo. A partire dalla gestione del più importante intervento economico nel nostro Paese dal dopoguerra ad oggi, quello del Recovery Fund. Conte dovrà provare a sbrinarsi e ricorrere alla nobile arte della politica. Se ne sarà capace e se ne avrà il tempo.