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mercoledì | 12-02-2025

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“La mensa è un momento di condivisione e socializzazione. L’esclusione provoca disagio emotivo e comportamentale dei bambini”. Parla la psicologa

La pratica dell’amministrazione comunale di Montevarchi, poi ritirata come annunciato dal sindaco Silvia Chiassai Martini, di somministrare pane e olio ai bambini le cui famiglie risultano morose nel pagamento della mensa scolastica, ha acceso un dibattito a livello nazionale. Una misura che ha sollevato preoccupazioni etiche e sociali, con il rischio di esporre i minori a discriminazioni e disagi emotivi. Ne parliamo con Cristina Copelli, Psicologa, Psicoterapeuta, Analista del Comportamento Certificato BCBA-D. Copelli è Direttore Clinico di CentroApp Firenze, Centro Clinico Specializzato in Analisi del Comportamento e Psicoterapia.

Dottoressa, la misura di cui tanto si è parlato è stata revocata, ma dal punto di vista psicologico quali possono essere le principali conseguenze per un bambino che si vede servire un pasto diverso dai compagni a causa della situazione economica della sua famiglia?

“Quando un bambino si trova a ricevere un pasto diverso dai suoi compagni per motivi economici, le ripercussioni psicologiche possono essere profonde e durature. Il primo effetto è spesso una sensazione di inadeguatezza e bassa autostima: il bambino potrebbe percepire questa differenza come un segnale di inferiorità, arrivando a pensare di valere meno degli altri. La vergogna e l’imbarazzo sono altre emozioni comuni in questi casi, perché i bambini sono particolarmente sensibili al giudizio dei coetanei e possono temere di essere derisi o emarginati.

Questa situazione può anche generare ansia e stress, rendendo l’esperienza del pasto scolastico un momento di forte disagio invece che di condivisione e serenità. Alcuni bambini, di fronte a questa difficoltà, potrebbero arrivare a rifiutare il cibo, associandolo a un’esperienza umiliante e alla discriminazione subita. Altri potrebbero sviluppare difficoltà di concentrazione a scuola, proprio a causa del carico emotivo che deriva da questa situazione.

Le conseguenze possono variare a seconda di diversi fattori. L’età, ad esempio, gioca un ruolo cruciale: i bambini più piccoli sono spesso più vulnerabili alle prese in giro, mentre quelli più grandi possono provare rabbia e frustrazione. Anche la personalità incide molto: chi è più sensibile o introverso tende a soffrire maggiormente. Tuttavia, un buon supporto familiare e un ambiente scolastico inclusivo possono aiutare a mitigare questi effetti negativi, proteggendo il bambino dalle conseguenze più gravi”.

Il momento del pasto a scuola è spesso considerato educativo e di socializzazione. In che modo una misura di questo tipo potrebbe influenzare l’autostima e il senso di appartenenza dei bambini coinvolti?

“Il pranzo a scuola non è solo un’occasione per nutrirsi, ma un momento fondamentale di condivisione e socializzazione. Sedersi a tavola con i compagni aiuta i bambini a rafforzare il senso di appartenenza al gruppo e a sviluppare importanti competenze relazionali. Tuttavia, quando un bambino riceve un pasto diverso per motivi economici, questa esperienza può trasformarsi in una fonte di disagio e isolamento.

Sentirsi “diverso” può far nascere nel bambino un senso di esclusione, minando la sua autostima. Se tutti mangiano lo stesso cibo e lui invece riceve qualcosa di differente, il rischio è che percepisca questa distinzione come una forma di ingiustizia e discriminazione. Questo può portarlo a provare sentimenti di rabbia e frustrazione, ma anche a chiudersi in sé stesso, evitando il confronto con gli altri.

Inoltre, la mensa scolastica è un momento di educazione alla convivenza, in cui i bambini imparano a rispettare le regole e a condividere esperienze. Se uno di loro viene trattato in modo diverso a causa della condizione economica della famiglia, si crea un pericoloso precedente che rischia di rafforzare stereotipi e di rendere ancora più evidenti le disuguaglianze sociali. Il rischio è che questa esperienza lasci un segno profondo nel bambino, influenzando il suo rapporto con la scuola e con i compagni, e che crei un clima di tensione e disagio all’interno della classe.

Le istituzioni scolastiche dovrebbero sempre garantire che ogni bambino si senta incluso e rispettato, evitando misure che possano accentuare le differenze e mettere in difficoltà chi si trova in una situazione di fragilità economica”.

Quali segnali di disagio potrebbero manifestare i bambini esposti a una condizione di “diversità” rispetto ai compagni in un contesto così delicato come la mensa scolastica?

“Quando un bambino vive un’esperienza di esclusione o discriminazione durante il pasto scolastico, è possibile che manifesti segnali di disagio sia a livello emotivo che comportamentale. Uno dei primi sintomi può essere il rifiuto del cibo: il bambino potrebbe smettere di mangiare o mostrare una repulsione verso il pasto servito, anche se in passato lo gradiva. Alcuni bambini possono modificare le loro abitudini alimentari, mangiando di fretta o cercando di nascondere il cibo per non attirare l’attenzione.

A livello comportamentale, si possono notare tendenze all’isolamento: il bambino potrebbe evitare il momento del pasto, sedersi in disparte o limitare le interazioni con i compagni. In alcuni casi, la frustrazione e il senso di ingiustizia possono sfociare in comportamenti aggressivi, sia nei confronti di sé stesso che verso gli altri.

Sul piano emotivo, i segnali più evidenti sono bassa autostima, vergogna, tristezza e ansia. Il bambino può apparire più introverso, meno motivato nelle attività scolastiche e meno partecipe alla vita della classe. In alcuni casi, il disagio si manifesta anche attraverso sintomi fisici come mal di pancia, mal di testa o disturbi del sonno, che sono spesso legati a stati d’ansia e stress.

Riconoscere questi segnali è fondamentale per intervenire tempestivamente e garantire al bambino il supporto necessario, evitando che queste difficoltà si trasformino in problemi più profondi e duraturi”.

Si parla spesso di privacy e tutela dei minori. Una pratica come questa potrebbe in qualche modo ledere la dignità del bambino, esponendolo a stigma o giudizi da parte dei pari?

“Assolutamente sì. Servire un pasto diverso a un bambino per motivi economici significa esporlo a una forma di stigmatizzazione che può avere ripercussioni molto serie sulla sua crescita emotiva e sociale. I bambini sono particolarmente sensibili alle dinamiche del gruppo e, quando si sentono diversi dagli altri, possono vivere questa esperienza con grande sofferenza.

Essere identificati come “quelli che non possono permettersi il pranzo” può diventare un’etichetta difficile da cancellare. Il bambino potrebbe sentirsi giudicato dai compagni, provare vergogna e imbarazzo e, nei casi peggiori, essere oggetto di prese in giro o di emarginazione. Questo tipo di esperienza può minare profondamente la sua autostima e il senso di sicurezza nelle relazioni interpersonali.

Inoltre, evidenziare pubblicamente la situazione economica di una famiglia in un contesto come la mensa scolastica rappresenta una violazione della privacy del minore. La scuola dovrebbe essere un ambiente protetto, in cui ogni bambino si senta accolto e rispettato, senza subire discriminazioni basate su fattori esterni alla sua volontà.

Per questi motivi, è essenziale trovare soluzioni che tutelino la dignità di ogni bambino e che garantiscano un accesso equo ai servizi scolastici, senza creare divisioni o disuguaglianze evidenti”.

A suo avviso, ci sono soluzioni alternative che un’amministrazione potrebbe adottare per gestire il problema delle morosità senza che i bambini ne subiscano le conseguenze dirette?

“Esistono diverse alternative per affrontare il problema delle morosità nella mensa scolastica senza penalizzare i bambini. Una possibilità è l’istituzione di fondi di solidarietà alimentati da donazioni private o dal contributo volontario di altre famiglie. Un’altra soluzione è la rateizzazione dei pagamenti, che permetterebbe alle famiglie in difficoltà di saldare il debito in tempi più sostenibili.

Le amministrazioni potrebbero anche stringere collaborazioni con associazioni locali per fornire sostegno alimentare a chi ne ha bisogno, oppure prevedere borse di studio per coprire il costo della mensa per le famiglie meno abbienti.

L’obiettivo dovrebbe essere quello di garantire che nessun bambino venga discriminato o penalizzato per una questione economica, trovando soluzioni che coniughino equità e inclusione senza compromettere la dignità dei minori”.

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