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venerdì | 25-04-2025

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Oltre 3.500 vittime, il tributo di sangue degli aretini per la liberazione

25 aprile aprile 1945. Sono trascorsi 80 anni esatti da quando tutta l’Italia poté dirsi liberata. La provincia di Arezzo visse momenti drammatici e fondamentali nella fase finale della Seconda Guerra Mondiale, in particolare tra l’autunno del 1943 e l’estate del 1944. Il nostro territorio divenne uno dei principali teatri della lotta partigiana contro l’occupazione nazifascista e della sanguinosa repressione che ne seguì. A pagarne il prezzo più alto furono spesso i civili, colpiti da rappresaglie brutali e indiscriminate.

Con l’Italia divisa tra occupazione tedesca e avanzata alleata, le vallate aretine – il Casentino, la Valtiberina e il Valdarno – divennero fondamentali per la Resistenza, sia per la conformazione geografica, sia per l’attiva partecipazione delle comunità locali. Le formazioni partigiane – come la Brigata Fantasma, la Brigata Lanciotto e l’Ottava Brigata Garibaldi-Macchi – operarono con coraggio, ostacolando l’esercito tedesco e collaborando con le truppe angloamericane.

L’avanzata delle forze alleate verso nord procedeva lentamente. Tra maggio e luglio 1944, l’area aretina divenne il tragico teatro di numerose stragi, molte delle quali mirate a spezzare la resistenza della popolazione o vendicare azioni partigiane. La risposta tedesca fu spietata, con centinaia di civili uccisi nei paesi e nei borghi, spesso rastrellati e fucilati sul posto.

Tra gli episodi più feroci si ricordano:

Civitella in Val di Chiana, città medaglia d’oro al valore civile e dove il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo scorso anno ha celebrato il 25 aprile a 80 anni dalla strage, Cornia e San Pancrazio (29 giugno 1944): oltre 240 vittime in uno degli eccidi più gravi dell’intero conflitto. Vallucciole, nel comune di Pratovecchio-Stia (13 aprile 1944): 108 morti. Partina e Moscaio di Banzena: 37 morti. Chiusi della Verna: 10 morti. Falzano di Cortona (26-27 giugno): 11 vittime. Cavriglia (4 luglio): 192 vittime. Montemignaio, il 20 giugno 11 civili uccisi, altre 5 vittime il il 29 giugno. Cetica, Castel San Niccolò: 13 civili uccisi sempre il 29 giugno, il giorno più tragico con la Hermann Goring in azione nella mattanza (244 vittime) di Civitella (nella foto). Il 6 luglio stragi a Mulinaccio e Orenaccio, nel comune di Loro Ciuffenna: 47 morti, il 14 luglio a San Polo di Arezzo 63 persone fucilate.
Castiglion Fibocchi (11 luglio), Pieve a Maiano, Pieve a Quarto, Pieve al Toppo, Sestino e Monterchi: tutti nomi che tornano nelle cronache dell’orrore.

Arezzo fu ufficialmente liberata il 16 luglio 1944, ma la libertà arrivò in una terra stremata dalla violenza. La Resistenza locale contribuì in modo decisivo a creare le condizioni per la fine dell’occupazione, ma il prezzo fu altissimo: oltre tremila vittime, per lo più civili inermi, caddero sotto il fuoco nazifascista tra il 1943 e il 1945.

Il sacrificio delle comunità locali, il coraggio dei partigiani e il dolore delle famiglie colpite, rappresentano ancora oggi un patrimonio di memoria e identità per il territorio aretino. Ricordare quelle vite spezzate, si parla di oltre 3.500 vittime, significa onorare chi ha reso possibile la nostra libertà e ribadire con forza che la storia non va dimenticata.

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