Lucio Gori, Confesercenti: “Smart working e assenza di turismo pesano nei bar e ristoranti”

Ecco i risultati del sondaggio “Tra Smart working e crisi del turismo: i risvolti sui pubblici esercizi” condotto tra i pubblici esercizi al quale hanno partecipato attività iscritte a Confesercenti.

“Sono dati preoccupanti”, commenta Lucio Gori responsabile di Fiepet Confesercenti, “quelli derivati dal sondaggio che abbiamo promosso.

Emerge un preoccupante crollo dei fatturati, e preoccupazione alle stelle durante questa difficile fase dell’emergenza COVID-19.

I nostri associati hanno risposto a 10 domande con le quali abbiamo voluto misurare lo stato di salute dei pubblici esercizi per capire quali sono le loro esigenze e suggerire soluzioni alle istituzioni per poter uscire da un periodo difficile”.

Quello che è emerso tra i pubblici esercizi distribuiti tra Arezzo centro e periferie, comprese le frazioni e i comuni della Valtiberina, della Valdichiana, del Casentino e del Valdarno è che c’è stato per tutti un calo del fatturato e che le prospettive non sono rosee.

Anche se da realtà a realtà ci sono lievi variazioni percentuali.

“Per il 25% degli intervistati il Coronavirus ha causato un calo del fatturato di oltre il 50%; per il 50% invece c’è stata una riduzione compresa tra il 30% e il 50% mentre per il restante 25% il calo è stato registrato tra il 10% e il 30%”. A incidere sul calo del fatturato sono l’assenza del turismo calato vertiginosamente e anche il cambio delle abitudini che ha visto diminuire il passeggio per le strade a causa dello smart working del pubblico impiego e di una minor presenza di dipendenti negli esercizi commerciali e servizi.

Anche lo smart working è percepito dai pubblici esercizi come un ‘problema’. Pranzi mordi e fuggi e pause caffè dei lavoratori sono infatti diminuiti”, spiega Lucio Gori, “nei bar, nelle tavole calde, nelle pizzerie e nei ristoranti dove i titolari soffrono anche per una incertezza nel futuro. Il 55%  sta già utilizzando gli ammortizzatori sociali, e il restante 45% no, ma dobbiamo considerare che in questo dato rientrano molti esercizi a conduzione familiare. Per la stragrande maggioranza, l’80%, se la situazione perdurerà si ricorrerà alla necessità di ridurre il personale”.

“A preoccupare”, aggiunge Gori, “sono anche le risposte al quesito: sta valutando il rischio di una chiusura definitiva? Il 5% ha risposto sì, considerandolo come un evento probabile.

Il 25% invece non vede a rischio la propria attività mentre il 70% vede a rischio la propria attività se non saranno trovate soluzioni che possano, da un lato sostenere le aziende e dall’altro, in un futuro prossimo, migliorare la situazione generale e le persone tornare a frequentare gli esercizi così da poter uscire dal periodo di crisi.

Tra le soluzioni che sono state suggerite è stata indicata la necessità di ‘evitare tassativamente una seconda chiusura obbligatoria’. Un pericolo da scongiurare secondo i titolari dei pubblici esercizi che ritengono anche indispensabile o augurabile per loro e per il paese ‘trovare un vaccino’. C’è poi anche chi ha indicato prioritario la necessità di ‘ridurre gli affitti, e la tassazione’.

“Infine dal sondaggio”, conclude Gori, “è emerso anche la difficoltà per il 55% di far rispettare le norme anti covid. Le difficoltà sono per un 35% dovute al distanziamento, per il 20% all’acquisizione dei nominativi, e per un 45% a far utilizzare correttamente gel e mascherine”.

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