“Io sono qui” di Simone Grazzi: un viaggio nella memoria dei giorni della Chiassa
Sabato 4 gennaio 2025 alle ore 21,00 nella Chiesa di Santa Maria Assunta della Chiassa Superiore sarà proiettato in anteprima nazionale il documentario del regista Simone Grazzi “Io sono qui”, che tratta della mancata strage nazista del giugno 1944, conseguenza della cattura da parte di una banda partigiana autonoma del colonnello tedesco Maximilian von Gablenz.
Sono due anni che il regista Simone Grazzi ha iniziato a intervistare i testimoni della Chiassa, i parenti degli ostaggi, e quelli di Gianni Mineo e Giuseppe Rosadi, i due eroi che con il loro coraggio riuscirono a salvare le centinaia di civili rinchiusi nella locale Chiesa. Interviste, sopralluoghi, riprese dei luoghi, anche con il drone. E poi il lungo lavoro di montaggio nel quale il regista ha dovuto scegliere le scene da salvare tra le tante ore di registrazione effettuate, per arrivare al prodotto finale.
Prima di mostrare il documentario al pubblico, Simone Grazzi lo ha fatto vedere in proiezione privata al celebre regista Alberto Negrin. Negrin, noto per aver realizzato decine di film e fiction famose – basterebbe citare Perlasca, Il segreto del Sahara o Rita Levi Montalcini – ha girato anche importanti documentari e inoltre da alcuni anni lavora al progetto di una fiction sui “giorni della Chiassa”, pertanto conosce bene le vicende di Mineo, Rosadi e von Gablenz. Ebbene, dopo aver visto il documentario Negrin ha scritto a Simone Grazzi:
“Nel vedere il documentario di Simone Grazzi “Io sono qui”, dedicato ai giorni della Chiassa, mi sono molto emozionato e questo è il primo elemento estremamente positivo della mia reazione. Ma non basterebbe. Mi hanno molto coinvolto le testimonianze dei parenti, nipoti, pronipoti, figlie, conoscenti, amici che mi hanno fatto capire che Mineo era una persona semplice, non si dava arie, non andava in giro a raccontare le sue gesta. E questo è venuto fuori proprio dai parenti più stretti che incredibilmente non ne sapevano nulla o quasi, come una delle signore, quella che parla della sua mamma, che ha saputo tutto molti anni dopo la morte della mamma alla quale nel finale si rivolge con una frase molto commovente.
Il documentario di Simone Grazzi è una creatura di grande qualità, girato molto bene, ricco di grandi momenti emotivi raccontati con grande semplicità, senza la minima retorica, in modo asciutto, essenziale e proprio per questo autentico. Il corpo strutturalmente e narrativamente determinante del documentario ‘galoppa’ estremamente bene!”.
Un ottimo viatico per l’anteprima di sabato alla Chiassa.
L’ingresso è libero, ma su prenotazione ai numeri 338 5411699 e 328 4588351.
Un evento da non perdere
L’anteprima di “Io sono qui” sarà un’occasione per riflettere sulla memoria storica locale e sul valore delle testimonianze dirette, grazie alla sensibilità e alla professionalità con cui Simone Grazzi ha affrontato un tema così delicato, quello dei fatti che coinvolsero Gianni Mineo e Giuseppe Rosadi, come ricostruito minuziosamente da Santino Gallorini nel libro “Vite in cambio” diventato sceneggiatura.
Il 29 giugno 1944 la pieve della località a nord di Arezzo rischiò di diventare il teatro di un’efferata strage nazista. I tedeschi avevano chiuso nella chiesa della Chiassa più di duecento ostaggi, con l’idea di fucilarli se il loro colonnello, il barone Maximilian von Gablenz, catturato da una banda di ex detenuti slavi evasi dal campo di concentramento anghiarese di Renicci, non fosse stato liberato. Quando l’ultimatum di 48 ore stava per scadere, si presentò al comando un partigiano siciliano, Giovan Battista Mineo, che convinse i tedeschi a concedere una proroga di altre 24 ore. Accompagnato dal giovane partigiano aretino Giuseppe Rosadi, egli riuscì quindi a farsi consegnare von Gablenz per tornare in maniera rocambolesca nella frazione, quando i primi prigionieri erano ormai schierati di fronte al plotone di esecuzione.
Una serata che si preannuncia ricca di emozioni, dedicata al ricordo, alla consapevolezza e al rispetto della storia, attraverso uno strumento potente come il cinema documentario.