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martedì | 28-01-2025

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Desertificazione #1. In viaggio nei borghi aretini: un patrimonio a rischio tra commercio in declino e spopolamento

Iniziamo, con questo nuovo anno, una serie di approfondimenti su quella che da più parti viene definita come una vera e propria emergenza: la desertificazione commerciale e dei servizi essenziali dei piccoli centri del nostro territorio. Partiamo per questo viaggio nei borghi aretini, che sarà fatto di contributi, testimonianze e numeri in grado di fotografare il fenomeno. Cercando di capire quali strategie adottare per arginarlo.

Il nostro viaggio parte da dati certificati: nel nostro Paese, a giugno 2024 si contavano poco più di 198mila imprese nei comuni con popolazione inferiore ai 15mila abitanti. Un numero estremamente ridotto rispetto al recente passato: dal 2014 nei piccoli e piccolissimi comuni sono infatti sparite oltre 23mila attività commerciali di base, dai negozi alimentari ai bar: oltre un’impresa su dieci (-10,6%), con un calo che sfiora il 14% nelle località sotto i 5mila abitanti. Un’emorragia diventata sempre più rapida dopo la pandemia, e che rischia di limitare gravemente l’accesso ai servizi delle persone che vivono nei piccoli comuni. Se ne deduce che i borghi storici italiani e quelli toscani non fanno eccezione, da sempre simbolo di un’identità culturale e sociale unica, custodi di tradizioni, arte e storie millenarie, si trovano a fronteggiare una crisi senza precedenti, causata dalla desertificazione commerciale e dal conseguente spopolamento abitativo. Un fenomeno che non solo priva questi luoghi della loro vitalità, ma mette in pericolo un patrimonio collettivo che appartiene all’intera collettività.

Il commercio come cuore pulsante dei borghi

Un tempo, le vie dei centri storici erano animate da piccoli negozi di vicinato, botteghe artigiane e attività a conduzione familiare che rendevano ogni borgo un microcosmo autosufficiente. Questo commercio diffuso non era soltanto un motore economico, ma anche un fattore determinante per la sicurezza, la fruibilità e la vivibilità degli spazi urbani. Passeggiare nei centri storici significava incontrare persone, scambiare parole con il bottegaio di fiducia e sentirsi parte di una comunità.

Oggi, invece, vediamo sempre più spesso saracinesche abbassate, insegne spente e strade vuote. I piccoli commercianti, schiacciati dalla concorrenza dei grandi centri commerciali e dall’avvento delle piattaforme di e-commerce, sono costretti a chiudere. La chiusura di un negozio non è solo una perdita economica, ma rappresenta un vuoto sociale che contribuisce alla disgregazione del tessuto comunitario.

Desertificazione commerciale e spopolamento: un circolo vizioso

La chiusura delle attività commerciali porta con sé conseguenze ben più ampie. Senza negozi e servizi essenziali, i residenti sono spinti a lasciare i centri storici per trasferirsi in aree meglio servite. Questo spopolamento abitativo genera un circolo vizioso: meno residenti significano meno potenziale economico per nuove attività e meno attività equivalgono ad un’ulteriore perdita di attrattività del borgo.

In molti centri storici italiani, specialmente nelle aree interne del paese, le case abbandonate si moltiplicano, il degrado urbano avanza e interi borghi rischiano di trasformarsi in scenari fantasma, perdendo non solo abitanti, ma anche memoria e identità.

La necessità di una riqualificazione urbana autentica

Contrastare questo processo non è più un’opzione, ma una priorità urgente. Serve un piano strutturato di riqualificazione urbana, che non si limiti a interventi estetici superficiali, ma che punti su politiche integrate in grado di riportare vita e funzionalità nei centri storici. Questo significa:

Incentivare l’apertura di nuove attività commerciali e artigianali, attraverso agevolazioni fiscali mirate.
Garantire servizi essenziali, come farmacie, uffici postali e trasporti pubblici efficienti.
Investire nell’attrattività turistica, promuovendo esperienze autentiche nei borghi.
Favorire il ritorno delle famiglie, con politiche abitative accessibili e agevolazioni per chi sceglie di vivere nei centri storici.

Un appello alla politica e alla comunità

Il recupero dei borghi storici richiede uno sforzo collettivo. La politica deve intervenire con azioni incisive e di lungo respiro, allo stesso modo con cui si affrontano questioni cruciali come la natalità e il lavoro. Tuttavia, anche le comunità locali hanno un ruolo chiave: riscoprire il valore di acquistare nei negozi di vicinato, di partecipare alla vita sociale del proprio borgo e di investire nei luoghi che costituiscono l’anima della nostra storia collettiva.

Salvare i borghi significa salvare noi stessi

La desertificazione commerciale e abitativa non è un destino inevitabile. Con interventi mirati, progetti lungimiranti e una rinnovata consapevolezza collettiva, è possibile invertire questa tendenza. Ogni borgo che si spegne rappresenta una ferita per il nostro patrimonio culturale, ma ogni borgo che rinasce è un faro di speranza per un’Italia che vuole continuare a essere un esempio di bellezza, comunità e tradizione nel mondo.

Salvare i borghi storici non è solo una questione economica, è una responsabilità culturale e sociale. Perché perdere i nostri borghi significa perdere una parte fondamentale di ciò che siamo.

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