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mercoledì | 09-04-2025

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25 novembre, si fa presto a dire “Semplicemente donna”

Il premio internazionale “Semplicemente Donna”, è finito anche quest’anno nelle mani di figure di spicco nel contrasto alla violenza di genere. Sono quasi tutte donne, attiviste, professioniste di settori diversi, vittime

La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è il 25 novembre, una ricorrenza fissata quasi un ventennio fa. Nella serata di venerdì, la cerimonia di consegna dei riconoscimenti ha portato sul palco del Teatro Signorelli di Cortona persone che sulla violenza di genere hanno qualcosa da dire.

A teatro e soprattutto nelle aule di alcune scuole superiori del territorio, dove l’iniziativa si è trasferita il giorno dopo. Un’attività che Chiara Fatai, vicepresidente del Premio, definisce il «fiore all’occhiello» di Semplicemente Donna.

Bianca: Perché parlare di violenza di genere attraverso un premio internazionale?

Chiara Fatai: Perché purtroppo è un fenomeno in crescita, non solo a livello italiano ma anche europeo. Quindi è giusto pensare a quelle donne che stanno in trincea non soltanto per tutelare la propria incolumità, ma che si battono anche per i diritti e l’uguaglianza di altre donne nel mondo. È questa la mission del premio, che è legato a quello che purtroppo si legge sui giornali e si vede in televisione ogni giorno. Sono donne che attraverso la sofferenza, l’impegno e a volte mettendo a repentaglio la propria vita portano messaggi positivi e sono diventate un esempio da seguire. Tante vittime di violenza di genere non hanno il coraggio di denunciare o dire basta. Sapere che ci sono persone, istituzioni e realtà che possono aiutarle può indurle a cercare di emergere da situazioni difficili.

Bianca: L’evento punta molto sul dialogo con le scuole. Qual è la reazione degli studenti alle storie di violenza?

Chiara Fatai: Il premio è un mezzo per provare a fare un’azione di educazione, sensibilizzazione e contrasto alla violenza. È soltanto parlando e informando le nuove generazioni che si può sperare di superare il problema della violenza con un approccio differente al rapporto uomo – donna. Nel corso del tempo questi incontri hanno dato risultati molto significativi: purtroppo ogni anno sono emersi attraverso i dibattiti casi latenti, che nessuno pensava esistessero. Il trovarsi vis-à-vis con una persona che ha subito violenza di genere o è impegnata nel combatterla è come sentirsi dire: “se io ho trovato chi mi ha aiutato, chiunque di voi abbia questo problema può farcela”.

Bianca: Avete mai pensato di rivolgervi ai giovanissimi, prima delle superiori?

Chiara Fatai: In effetti bisognerebbe cominciare dall’asilo e dalle scuole elementari. Indubbiamente si tratta di argomenti molto scabrosi. Forse siamo stati titubanti nell’intavolare questo discorso con ragazzi molto giovani, però ci stiamo riflettendo per gli anni a venire. Bisogna capire come approcciare il fenomeno con i bambini, sarebbe necessario fare un lavoro completamente diverso. Questa segnalazione è arrivata anche da altre fonti. Mai dire mai: valutiamo come e dove potremmo farlo.

Bianca: Tra i premiati c’è anche il procuratore generale di Firenze. Da quando esiste il premio l’atteggiamento delle autorità rispetto alla violenza sulle donne è cambiato?

Chiara Fatai: Le autorità devono attenersi a quello che la legge impone di fare. Non si può scaricare su di loro tutta la responsabilità. A volte c’è la negligenza che non fa capire se e dove esiste il problema, ma a volte le autorità hanno anche le mani legate perché la legge non consente di fare di più. Da donna, dico che i nostri politici dovrebbero pensare di più alle donne che vengono ammazzate ogni giorno.

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