Dalla Cambogia ad Arezzo i gatti “che fanno bene”: presto lo Khmer nelle liste ufficiali dei felini
Nomi e indirizzi diversi, ma per uno sguardo attento le somiglianze sono evidenti. Occhi e orecchie grandi, lunghe zampe posteriori che slanciano la groppa su cui spicca la tipica coda corta o a pompom. Al loro aspetto singolare si abbina un’indole particolarmente mansueta, espressiva e socievole per un felino. Un gatto che difficilmente lascia indifferenti, soprattutto se capita nella traiettoria di un veterinario. Per il dott. Alessandro Cristalli è stato colpo di fulmine già dal primo incontro, quando nel 2011 si trovava per lavoro in Cambogia, nella zona dei templi di Angkor Wat. Da lì la decisione di portare in Italia 2 cucciole di cui si era preso cura durante la sua missione e le radici di un progetto ramificato in direzioni molteplici. Il filone principale è l’allevamento Angkor, fondato insieme alla dott.ssa Alice Falconcini di Livorno: i gatti, suddivisi in gruppi e più sedi, partecipano a un programma di accoppiamenti mirati che puntano al riconoscimento ufficiale della razza Khmer a livello internazionale. E poi la vendita, le esposizioni, gli eventi divulgativi, le pubblicazioni e i laboratori di Attività Assistite con Animali (AAA in sigla), che offrono sessioni co-terapeutiche utili e ricercate da associazioni che si occupano di persone con varie disabilità.
Del resto, Alessandro Cristalli si definisce un tipo “creativo“, con un funzionamento “a palla di neve, che via via che rotola diventa sempre più grossa“.
Bianca: Che impegno richiede gestire un “allevamento diffuso” come il suo?
Alessandro Cristalli: Diciamo che è necessario avere un progetto e una certa leadership nel farsi seguire dagli altri, perché devi per forza delegare aspetti importanti che riguardano innanzitutto il benessere degli animali. Seguire alcuni momenti chiave della vita di un gatto che si riproduce, allatta, svezza, rimane di nuovo in calore è impegnativo: ci vogliono tempo e molta lucidità. In un allevamento i gatti non sono castrati, per cui c’è un andamento ormonale continuo. Se si modifica lo stato ormonale di un soggetto, cambia come marca il territorio, gli spazi di cui ha bisogno, come si relaziona con gli altri…Tutto l’assetto. Basta che questo succeda a un gatto che si devono ricostituire tutte le relazioni sociali, i gruppi si squilibrano continuamente. Lo Khmer è un gatto sensibilissimo, quando si sbaglia la gestione si vanno a creare delle frustrazioni nell’animale. È tutta osservazione: il comportamento del gatto è un mistero prima di entrarci dentro. Gestire un allevamento diffuso comporta che tu sia presente, ma non è necessario essere veterinario. L’animale ha bisogno di entrare in relazione, non è detto che un veterinario sia in grado di farlo: serve sensibilità.
Bianca: Cosa si fa durante un laboratorio di AAA in cui sono coinvolti i suoi gatti? Che bilancio ne fa?
Alessandro Cristalli: Le sessioni sono semplici. C’è la fase dell’incontro, dell’approccio. Io sono da una parte e guardo dall’altra, dove ci sono dei gatti che mi guardano a loro volta: cosa succede? C’è bisogno di un setting, di persone che possono controllare il gatto. E di operatori che supportano gli utenti, che generalmente hanno un disagio di tipo cognitivo. Poi si programmano delle classi che hanno varie attività: toccare i gatti, farli giocare, costruire dei giochi per loro, disegnarli, scrivere storie su di loro, fino allo “yogatto”. Ma anche far venire un utente con il cat sitter a prendersi cura dei gatti una volta al giorno, cercando di responsabilizzarlo attraverso un mini progetto. Gli utenti sono motivati, vengono contenti, col sorriso.
Bianca: A che punto è la procedura di riconoscimento della razza? Come funziona?
Alessandro Cristalli: L’Associazione Nazionale Felina Italiana, con il mandato della Federazione Internazionale Felina e con l’investitura del Ministero dell’Agricoltura registra i soggetti importanti dai quali scaturiscono le razze e inizierà a registrare i miei. Non abbiamo ancora costituito il libro delle origini del gatto Khmer ma ne stiamo preparando una bozza, è un primo passo importante. Dopo il libro delle origini, mi sarà assegnato un giudice che venga a dare un’occhiata agli animali. Se non sbaglio al mondo ci sono 36 razze di gatto. Innanzitutto devi avere un animale che sia diverso dagli altri, con un’origine che non sia un’alchimia. Poi devi entrare in contatto con le associazioni specializzate della tua nazione, in Italia la più importante è l’ANFI. Nel frattempo, io ho portato avanti le mie azioni di visibilità: fiere, comunicazione, documentazione, pubbliche relazioni. A latere di questo, ho fatto ponte sulle università e ho agganciato l’università di Milano. Con la prof.ssa Longeri ho realizzato una ricerca che nel 2016 è stata presentata negli Stati Uniti.
Bianca: Cosa cambierebbe con questa certificazione?
Alessandro Cristalli: Con il riconoscimento, lo Khmer entra nelle liste ufficiali dei gatti. Non lo faccio per lucro: a me questo gatto piace e mi permette di avere delle relazioni. Per esempio, con l’università di Firenze, per cui l’anno prossimo terrò delle lezioni su come gestire l’intervento co-terapeutico uomo-animale partendo dalla relazione uomo-gatto.
Bianca: Dare un pedigree ai suoi gatti è un traguardo secondario per lei, uno strumento. Quali significati ha questo percorso?
Alessandro Cristalli: La biodiversità è importante, dal punto di vista simbolico e pratico. E la varietà tra gli animali domestici è fondamentale perché l’uomo si è evoluto attraverso la relazione strutturata con questi animali. Per esempio, l’uomo è riuscito a migliorare la propria vita perché a un certo punto è riuscito a gestire le pecore anche grazie all’aiuto del cane. C’è stata una coevoluzione tra uomo e animali domestici. Oltre a tutto il potenziale evocativo degli animali, quanto è importante il gatto per il pensiero e le società libere…È stato ed è l’animale più torturato dall’uomo. La diversità va riconosciuta, le si deve dare un nome e un cognome, ma non perché è sangue blu con il pedigree. Non tutto è sostituibile da tutto, le storie dietro alle cose fanno parte della cultura e delle radici. Quindi sono qui a descrivere un pezzo di diversità e a portarne alla luce il valore. Le mie lenti mi fanno vedere questo in quello che faccio.
Photo Credits: Robbie McIntosh