Il cinema sociale entra in classe: laboratori e un film contro il disagio dei giovani Video

Tre scuole e un campus cinematografico. C’è questo disegno nei piani di “Artacciak!”, che riunisce in rete il Comune di Civitella in Val di Chiana, Consulta dei Genitori Onlus e un tris di istituti scolastici della provincia di Arezzo. Cos’hanno in comune la “Martiri di Civitella” di Badia al Pino, la “IV Novembre” a Saione e la “Giuseppe Garibaldi” di Capolona? “Si tratta di tre scuole molto attive, tutte abbastanza di confine“, spiega Silvia Martini, referente artistica di “Visioni fuori luogo“, che venerdì prenderà ufficialmente il via in aula.

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Le attività coinvolgono oltre 1.100 allievi dalle scuole dell’infanzia alle secondarie di primo grado. Due i pilastri principali del progetto, finanziato dalle risorse messe a disposizione da Mibact e Miur. Da una parte i laboratori di storia del cinema, recitazione, globalità dei linguaggi aperti a tutti gli alunni; dall’altra, un vero e proprio film realizzato dagli studenti delle medie, che seguiranno tutta la filiera organizzativa, dallo sviluppo alla scrittura, dalle riprese al montaggio. Li aiuteranno in questa impresa i partner operativi di “Artacciak!”: l’associazione No Mad Filodramma, la società di produzione cinematografica Fez Film, la Libera Accademia del Teatro, l’associazione Il mondo a casa (che gestisce il Mumec – Museo dei Mezzi di Comunicazione di Arezzo).

Se spesso si dice che i giovani sono un mistero, “Visioni fuori luogo” vuole indagare una porzione precisa del loro universo. “Abbiamo pensato di raccogliere le testimonianze dei ragazzi sul tema del disagio“, racconta Martini. “Quando abbiamo fatto il progetto, questo tema per noi era molto collegato al bullismo. Con il lockdown ne è emerso un secondo genere che non avevamo preso in considerazione, perché ancora non c’era“. Durante la prima ondata di Covid-19 i piani sono stati rimodulati attraverso una claim. Gli allievi hanno prodotto materiale scritto e multimediale rispondendo ad alcune domande, fra cui “cosa vedo fuori dalla finestra di camera mia?“, “cosa faccio in questo periodo in cui non vado a scuola?“, “sono riuscito a restare in contatto con i miei amici?“.

“Dalle loro impressioni nascono le basi di lavoro sulle quali iniziamo a stendere la sceneggiatura”, aggiunge la portavoce di “Artacciak!”. “Esploreremo il tema delle emozioni, che cosa sono l’attore, il cinema… I laboratori che si svolgeranno presso il Mumec sono posticipati, data la chiusura. Ci aspettiamo che i ragazzi producano un capolavoro! Che partecipino così com’è stato durante il lockdown, facendoci vedere le cose con i loro occhi. Sarà nostra cura restituire al pubblico la loro visione”.

Fernando Maraghini sarà uno dei tutor della produzione del lungometraggio. Insieme alla compagna di vita Maria Erica Pacileo e ad altri appassionati e operatori del settore, Maraghini è tra gli organizzatori di Arezzo Cinema Sociale. Il festival, alla sua prima edizione, doveva debuttare alla Casa dell’Energia di Arezzo all’inizio di novembre, ma gli ultimi Dpcm hanno congelato la kermesse, rimandandola a data da destinarsi.

Bianca: Perché è importante portare il cinema a scuola?

Fernando Maraghini: Al di là della passione che ci lega al mondo cinematografico, io ed Erica crediamo che sia una materia, un qualche cosa di vivo e di plastico che offra tante possibilità espressive ai ragazzi. Il cinema è il perfetto connubio tra tecnologia e contenuti; è un’arte tecnologica, nel senso che grazie alla tecnologia si sviluppa e oggi raggiunge delle possibilità espressive incredibili. È una maniera per far capire tramite la creatività ai giovani che la tecnologia può essere “riscaldata”: con un semplice smartphone, un tablet, una piccola videocamera abbordabile ai più dal punto di vista economico si possono raccontare cose che dicono molto di noi o della realtà circostante. È un grande esercizio tecnico e creativo allo stesso tempo. Capace di rendere protagonisti i ragazzi stessi, non solo come attori ma anche come registi, operatori, creatori in prima linea. È una modalità per invitare i giovani a viaggi introspettivi dentro loro stessi e il mondo che vivono. E poi il linguaggio cinematografico è un grande gioco collettivo: ci si diverte a fare cinema. In un momento così, in cui si è costretti a limitare i rapporti umani in conseguenza di tutte le normative legate alla pandemia, avere uno sguardo attento nei confronti del mondo, privo momentaneamente delle presenze, può aiutare a riempire questo grande vuoto che ci sta assediando da troppi mesi ormai.

Bianca: Che collegamento c’è fra questa esperienza e il vostro nuovo festival, messo in stand-by dall’emergenza sanitaria?

Fernando Maraghini: Ad Arezzo Cinema Sociale cercheremo di far vedere a più persone possibili una serie di infinite possibilità di sguardi attenti nei confronti del reale. Si tratta di una rassegna di documentari che si occupano di temi sociali, che sono delle finestre che molti autori – vicini e lontani – aprono sul mondo da un osservatorio privilegiato, quello del racconto cinematografico. Facciamo una sensibilizzazione nei confronti del reale filtrata attraverso l’immaginario e la politica.

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