“L’ultimo sopravvissuto di Cefalonia”: l’incredibile storia del sergente Bertoldi

Fino a quel momento Boni non sapeva chi fosse Bruno Bertoldi. La settimana trascorsa a Bolzano per raccogliere la testimonianza del centenario sergente della Divisione Acqui sulla strage dell’isola greca ha svelato allo storico un caparbio passato di sopravvivenza. A Natale del 1945 Bruno Bertoldi tornò a casa almeno tre volte superstite. “L’ultimo sopravvissuto di Cefalonia“, pubblicato qualche giorno fa con Longanesi, contiene il resoconto dello zig zag miracoloso di un singolo fra le mostruosità della Seconda Guerra Mondiale, la vita dell’uomo che è riuscito a scampare all’eccidio di Cefalonia e a superare sia i lager nazisti che i gulag sovietici.

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Giornalista e ricercatore attualmente prestato alla politica come vicesindaco di Cavriglia, Filippo Boni ha già presentato il libro al festival letterario Pordenonelegge venerdì scorso. Con una serie di incontri in via di definizione anche in provincia di Arezzo, lo storico sta cercando di organizzare uno o più appuntamenti a cui anche Bruno Bertoldi in persona possa partecipare come ospite, verso la metà di ottobre.

Lavori in corso e dita incrociate per la versione live di una testimonianza più unica che rara per il pubblico aretino. Nell’attesa, Arezzo24 ha scambiato qualche domanda con le risposte di Filippo Boni, autore di “L’ultimo sopravvissuto di Cefalonia“.

Bianca: Chi è oggi Bruno Bertoldi?

Filippo Boni: Una persona straordinaria, un uomo fuori dal comune. Abita al quinto piano di un condominio senza ascensore e va alla messa tutti i giorni. Fino all’anno scorso guidava – si è auto-rottamato la patente, a un certo punto ha detto “basta” -, ma va in bicicletta ancora oggi e gode di ottima salute. È un “highlander”, un museo che respira con il cuore, la pelle, gli occhi e l’anima, soprattutto. Una persona veramente bella e incredibilmente lucida. Cosa che permette all’interlocutore di capire innumerevoli dettagli su un periodo storico i cui testimoni iniziano a scarseggiare.

Bianca: Sarà possibile portarlo a Cavriglia? Che effetto farà la sua testimonianza sulla comunità?

Filippo Boni: A Cavriglia, così come in tutte le altre comunità della nostra provincia colpite dalle stragi – Bucine, San Polo, Civitella e altre -, sicuramente la testimonianza di Bruno Bertoldi colpirà molto. Più di dieci anni fa è venuto qui un soldato inglese. Si chiama Maurice Goran Nash, è cittadino onorario del Comune di Cavriglia dal 2009, oggi ha 96 anni. Bertoldi da militare non è passato dalla Toscana, ma la rievocazione dei massacri – sommari, per altro, fuori da qualsiasi diritto di guerra – avvenuti a Cefalonia a opera dei nazisti sui militari italiani farebbe sicuramente rabbrividire, ma anche arricchire tutte le comunità con le quali potrebbe venire a contatto, non solo Cavriglia.

Bianca: Che accoglienza ha ricevuto il suo libro a Pordenonelegge?

Filippo Boni: L’ultimo sopravvissuto di Cefalonia” ha riscosso un grande successo a Pordenone. Il teatro era strapieno di giovani – e questa è la cosa più bella -, ma anche di persone adulte che hanno superato il periodo della Seconda Guerra Mondiale. E poi c’era Bruno Bertoldi, quindi anche per noi è stata un’emozione enorme. Suo figlio il giorno dopo mi ha scritto un messaggio che mi ha veramente commosso. Mi ha detto che finalmente suo papà, a 101 anni, dopo la presentazione del libro aveva negli occhi una serenità che aveva perso da molti anni, dopo un periodo lunghissimo di silenzio e paura. Bertoldi ha taciuto la sua storia fino alla caduta del Muro di Berlino, non la raccontava neanche a casa per paura di ritorsioni. Nei gulag ha vissuto esperienze terribili, in quel periodo si stimano 70-80 mila caduti fra i soldati italiani. Un numero incredibile. Si parla, giustamente, di Auschwitz, Buchenwald e dei campi di sterminio nazisti, ma non del trattamento ricevuto dai militari italiani prigionieri in Russia dal 1943 al 1945. Soldati che sono stati davvero annientati sotto ogni punto di vista, dalla dignità personale alla vita.

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