Leonardo Manzan e “It’s app to you – o del solipsismo“, quella presunzione arrogante di avere libertà di scelta
Lo scopo del gioco è scoprire l’assassino di 46, che svegliandosi sul palco si ritrova nel bel mezzo di una scena del delitto: il suo. A questo punto lo spettatore 47, pescato fra il pubblico in platea, scarica sullo smartphone l’app del titolo per aiutare 46 a trovare il suo killer. Una volta cominciate le indagini, 47 si convince di un’unica soluzione possibile: prove e sospetti mancano perché 46 si è data la morte da sola. Perciò, dovendo eliminare l’assassino, 47 la uccide di nuovo.
Ma la partita non finisce qui. Algoritmo, dalla regia, stabilisce il Game Over e si torna al punto di partenza. Tutto uguale alla prima manche, tranne che stavolta 47 è personaggio a tutti gli effetti del videogioco. A trascinarcelo dentro, il fatto di essere diventato l’omicida di 46.
Una trama a spirale da cui sembra impossibile liberarsi per questo testo firmato dalla Compagnia Bahamut. L’opera, fra numerosi altri riconoscimenti, è stata selezionata anche tra i vincitori della terza edizione del Bando Giovani Direzioni. Tre i suoi autori e interpreti: Andrea Delfino, Paola Giannini e Leonardo Manzan. A quest’ultimo è affidata anche la regia di It’s app to you.
Bianca: Cosa vi ha ispirato nel progettare questo spettacolo?
Leonardo Manzan:Tutti e tre abbiamo studiato recitazione alla Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano. Per un laboratorio io e Paola Giannini abbiamo lavorato su Orgia, un pezzo di Pasolini sulle dinamiche di potere all’interno di una relazione di coppia. Ne abbiamo proposto una versione virtuale. Paola interpretava il personaggio di Donna, che era eterodiretta in remoto da me, nella parte di Uomo, tramite un’app da cellulare. Il meccanismo di un’applicazione con cui poter guidare l’attore in scena ci interessava molto e, usciti dall’Accademia, abbiamo pensato di scriverci una drammaturgia “su misura”. Successivamente si è inserito il terzo attore, Andrea Delfino, che fa la parte di Algoritmo. È lui che comanda tutto lo spettacolo: oltre a recitare dà le luci, fa partire le canzoni e doppia in diretta il personaggio femminile del videogioco, che in più si muove comandata da me.
Bianca: La figura di Algoritmo contiene la vostra critica a una società sempre più tecnodipendente?
Leonardo Manzan: Direi di no. Spesso It’s app to you viene letto come una polemica sui giovani che si rapportano alla tecnologia senza misura, fino a venirne quasi inghiottiti. Nessuno di noi tre è così catastrofista sull’argomento: usiamo la tecnologia, ci piace, pensiamo che sia utile. Il tema è molto più ampio, quella del videogioco è solo la “forma” attraverso cui riflettiamo sul libero arbitrio. Mettendo a confronto un giocatore che si sente padrone di tutto con il personaggio di un videogame, privo di ogni libertà, si scopriranno differenze ma anche tante analogie. La domanda che vogliamo far emergere è: io, il giocatore, sono veramente così libero come credo o in realtà sono ingabbiato anch’io in una rete di algoritmi e di scelte predefinite su cui non ho alcun potere?
Bianca: Come si abbatte la prigione del solipsismo?
Leonardo Manzan: Non saprei. Mi verrebbe da rispondere che l’unica strategia possibile è non curarsene. Se cominciassimo a pensare che tutto ciò che scegliamo è frutto di un destino già predeterminato resteremmo in attesa ad aspettare che le cose capitino, pensandole già scritte, senza fare più nulla. Invece tutti viviamo nella “presunzione arrogante” di avere libertà di scelta. Che poi sia vero o no, è quasi indifferente.